Coronavirus, Infantino: “prima la salute, poi la rivoluzione”
Il numero uno della FIFA, Gianni Infantino, ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport, che può essere riassunta nello slogan: “prima la salute, poi la rivoluzione”. Andando nel dettaglio, il presidente, ha consigliato ai dirigenti di prepararsi al peggio; c’è il concreto rischio che la stagione calcistica si fermi, tale stop dovrà essere gestito senza panico e con la consapevolezza che appena si potrà si tornerà a giocare.
“Prima la salute. Poi tutto il resto. E il resto, per i dirigenti, significa sperare il meglio ma anche prepararsi al peggio. Senza panico, diciamolo chiaramente: si giocherà quando si potrà senza mettere a rischio la salute di nessuno. Federazioni e leghe siano pronte a seguire le raccomandazioni di governi e Oms. Io ringrazio dottori, infermieri e tutti quelli che rischiano la loro vita per salvarne altre. Loro sono eroi.”
Infantino poi spiega anche le riforme che potrebbero essere istituite in questa situazione d’emergenza: meno partite, ma più combattute; un passo indietro generale per assicurare la salute e un sacrificio economico che verterà su tutti i rappresentanti del mondo calcistico:
“Si rischia. Serve una valutazione dell’impatto economico globale. Ora è difficile, non sappiamo quando si torna alla normalità. Ma guardiamo alle opportunità. Possiamo forse riformare il calcio mondiale facendo un passo indietro. Con formati diversi. Meno tornei, ma più interessanti. Forse meno squadre, ma più equilibrate. Meno partite per proteggere la salute dei calciatori, ma più combattute. Non è fantascienza, parliamone. Quantifichiamo i danni, vediamo come coprirli, facciamo sacrifici – sarà avvantaggiato chi ha gestito la propria “azienda” in modo sano – e ripartiamo. Non da zero.”
Chiude con una frecciatina a chi si ostina a parlare di SuperLega:
“Mi viene da ridere. E cos’altro? Da quel che vedo, ci pensano già altri a progettare e organizzare tornei in giro per il mondo, al di fuori dalle strutture istituzionali, e senza rispetto per il modo in cui è organizzato il calcio nazionale, continentale e mondiale. In fu- turo dobbiamo avere almeno 50 nazionali che possano vin- cere i Mondiali, non solo 8 europee e 2 sudamericane. E 50 club che possano vincere i Mondiali per club, non solo 5 o 6 europei. E una ventina di questi 50 saranno europei, il che mi sembra già meglio dei 5 o 6 odierni.Ma non è il momento di parlarne ora.”
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