La Juventus in queste settimane non è occupata solo dal punto di vista sportivo ma si deve difendere anche dalle accuse al Presidente Andrea Agnelli, nell’ambito del caso biglietti e dell’indagine ‘Alto Piemonte’. Tutto ruota attorno ai rapporti, veri o presunti, tra il numero 1 bianconero e Rocco Dominello, indagato per ‘ndrangheta e imputato con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso nel processo «Alto Piemonte» che inizia oggi a Torino. Ricostruiamo quanto successo negli ultimi mesi e vediamo cosa rischia la Juventus.
LA VICENDA
L’elemento da cui partire è l’indagine chiamata ‘Alto Piemonte’, durata 4 anni e che si concentra sulla presunta presenza della ‘ndrangheta nelle curve della Juventus, per gestire i biglietti per le partite bianconere. Gli accertamenti hanno portato al deferimento del presidente Agnelli e all’accusa, da parte del procuratore FIGC Giuseppe Pecoraro, nei confronti del numero 1 bianconero: “Dalla documentazione arrivata dalla Procura di Torino, si evidenzia che Dominello Saverio padre e il figlio Rocco, sono rappresentanti a Torino della cosca ‘Bellocco-Pesce’ di Rosarno. Dominello Rocco ha rapporti con la dirigenza Juventus per la gestione di bagarinaggio biglietti e abbonamenti. Le persone a contatto con i boss? Sono il dottor Carugo, il dottor Merulla, il dottor D’Angelo ed il presidente Agnelli”.
Intanto bisognerà aspettare anche il percorso dell’Antimafia. Ecco le parole del presidente del Comitato Mafia e Sport all’interno della Commissione Antimafia Marco Di Lello: “Sentiremo la società Juventus e vedremo quello che ha da dire a propria discolpa, rispetto alle accuse che stanno emergendo sia dalla Procura di Torino che dalla Federcalcio. Abbiamo il dovere di fare chiarezza: valutiamo se sentire anche la Procura di Torino”.
Ne sapremo di più oggi (giovedì 23 marzo), è infatti fissata in calendario la prima udienza preliminare dell’inchiesta “Alto Piemonte”, che indaga sulle infiltrazioni dell’ndrangheta nel Torinese.
La risposta di Agnelli
Il presidente bianconero, in una conferenza stampa, si è detto disponibile a rispondere a qualsiasi richiesta ma si è subito tirato fuori dalle accuse.
Le dichiarazioni del Presidente Andrea Agnelli pic.twitter.com/EwJdTi7Qaw
— JuventusFC (@juventusfc) 18 marzo 2017
Le intercettazioni
Nella giornata di ieri, mercoledì 22 marzo, sono stare rese note alcune intercettazioni che contraddicono quanto detto da Andrea Agnelli.
La prima intercettazione – “So che erano lì, io ogni volta che li vedevo, quando li vedevo a gruppi facevo scrivere sempre le cose sui fogli, perché nella mia testa era per dargli importanza che scrivevo quello che dicevano”. Il giorno dopo, altra intercettazione: “Se io gli avessi suggerito di fare gli abbonamenti ci stava, a rigor di logica, però onestamente non ricordo il contenuto, cioè non posso dirti di preciso, però nella mia riflessione generale di sta, perché vuol dire che loro comprano quello che devon comprare, a noi ci pagan subito e poi gestiscon loro tutto! Chiunque esso sia, cioè voglio dire chiunque si fa un abbonamento, può fare questo ragionamento”.
La seconda intercettazione – Agnelli, riferendosi a un incontro con gli ultras, afferma riguardo al capo del gruppo Viking, Loris Grancini, ritenuto vicino a uomini di Cosa Nostra e ‘ndrangheta: “Il problema è che questo ha ucciso gente”.
In questo modo viene smontata la difese del presidente Agnelli, che nella conferenza stampa aveva detto: “Se alcuni di questi personaggi hanno oggi assunto una veste diversa agli occhi della giustizia penale, questo è un aspetto che all’epoca dei fatti non era noto. All’argomento che qualcuno di voi potrebbe opporre, che gli ultras o i loro capi non sono stinchi di santo, io vi dico che condivido ma rispetto le leggi dello Stato e queste persone erano libere e non avevano alcuna restrizione a frequentare lo stadio e le partite di calcio”. Le intercettazioni dimostrano invece che Agnelli era a conoscenza della storia dei suoi interlocutori.
La difesa dei legali Juventus
Sempre nella giornata di ieri l’avvocato Chiappero è tornato sull’argomento: “Escludo in modo assoluto che ci siano stati rapporti amicali tra Rocco Dominello e il presidente della Juventus, non ho trovato nulla di questo tipo nelle carte, il presidente lo ha escluso pubblicamente. C’è solo una dichiarazione di Dominello che parla di un incontro a cui il presidente sarebbe stato presente. Io credo che l’intercettazione di agosto 2016, dove chiedevamo al presidente della Juventus di ricordare se per caso c’era stato questo incontro e l’esclusione di quel ricordo, dà il senso complessivo di quella telefonata e altri riferimenti non ci sono nel processo nè nella vita. Rocco Dominello è stato intercettato per due anni e mezzo e non c’è una sola telefonata riferibile ad Agnelli. Questo è quello che più ci spiace del capo di incolpazione. Ammettiamo di aver sbagliato sotto il profilo del numero dei posti riservati e pagati ma non accettiamo che all’interno del capo di incolpazione c’è l’affermazione di aver utilizzato una persona che è quel Rocco Dominello di cui il Presidente non si è mai occupato. Questa persona è arrivata a noi insieme a un signore che si chiama Fabio Germani. Non ci sono telefonate dirette tra Dominello e Agnelli e in quelle indirette tra il presidente e D’Angelo si parla di Rocco come di un tifoso di un ultrà: Agnelli non conosceva Rocco nè sapeva chi fosse. Se per caso lo conosceva, lo conosceva come tifoso e referente di una curva“.
Le intercettazioni non si trovano
Le intercettazioni che smentirebbero la difesa di Agnelli ancora non si trovano, non essendo presenti negli atti. Per fare chiarezza sull’argomento è intervenuto, a Tuttosport, Massimiliano Manfredi, membro Commissione Antimafia: “Vorrei premettere che i processi sia giudiziari che sportivi si celebrano nelle aule e non sui giornali, tuttavia sto osservando che nel frattempo qualcuno inonda le redazioni di intercettazioni che non sono rilevanti e sono dei “falsi scoop”. Se chi diffonde le intercettazioni volesse davvero innescare uno scoop, allora dovrebbe tirare fuori l’intercettazione riferita nelle audizioni presso la commissione (quella raccontata da Pecoraro) e che non riusciamo a trovare da nessuna parte e che, qualora fosse autentica, potrebbe dimostrare i contatti fra il presidente della Juventus e la ‘Ndrangheta. Se esistesse, naturalmente, perché finora non l’abbiamo trovata e il castello traballa. La risposta ce la darà la Procura di Torino che è l’unica depositaria della, diciamo, verità, visto che l’inchiesta è stata fatta da loro e la procura federale ha semplicemente ereditato le loro carte, che per altro sono anche a disposizione della Juventus e dell’Antimafia, in quelle carte non c’è, ora la presidente Bindi ha chiesto alla Procura di Torino se per caso esiste del materiale che non d è stato inviato. Aspettiamo una risposta in tempi brevi e si farà chiarezza. Desecretare l’intervento di Pecoraro in Commissione? L’ho chiesto alla presidente Bindi, ma non è stata ancora presa una decisione.”
Sull’argomento, a La Repubblica, ha detto la sua anche Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia: “A noi non interessa della Juventus nello specifico, il nostro è un obiettivo più grande. Noi vogliamo capire l’infiltrazione della mafia nello sport e non è da adesso che ce ne occupiamo. Siamo partiti da alcune squadre minori della Calabria e della Campania, sollecitati dai casi Pantani e Schwarzer. entiremo anche altre squadre, non solo la Juve. Noi siamo una Commissione di inchiesta, non farà ad Agnelli le domande che farebbe un magistrato. Gli sono grata per la sua disponibilità a collaborare e gli chiederò come intende reagire dopo questa vicenda la Juve e il calcio italiano tutto davanti all’infiltrazione mafiosa. Dobbiamo responsabilizzare tutti e capire se ci sono leggi da migliorare”.
I RISCHI
La Juventus, dal punto di vista sportivo, non rischia nulla. Non arriveranno infatti punti di penalizzazione e nessun coinvolgimento per i tesserati bianconeri. Discorso completamente diversi invece per il presidente Agnelli e i dirigenti implicati nel caso biglietti: il primo verdetto dovrebbe arrivare tra aprile e maggio. I protagonisti di questa vicenda rischiano l’inibizione e una multa.