Ci sono atleti che nascono per un solo sport, che lo praticano con passione e che lo onorano fino alla fine, diventando leggende immortali di quella disciplina. E poi ci sono altri, che trascorrono una vita ad allenarsi, a migliorarsi, a cercare di ottenere risultati sempre più ottimali, ma che alla fine si stancano, perdendo gli stimoli e le giuste motivazioni per proseguire quel tipo di carriera. E’ questo il caso di Usain Bolt, l’ex velocista giamaicano che si è ritirato dall’atletica leggera nell’agosto del 2017 e che questa mattina ha svolto il provino per entrare nelle fila del Borussia Dortmund. L’ex uomo più veloce del mondo non è il solo ad aver cambiato sport: sono molti, infatti, i personaggi sportivi famosi che hanno deciso di esercitare un taglio netto con il passato e proprio per questo noi di RadioGoal24 abbiamo deciso di stilare una classifica di cinque campioni sportivi che hanno completamente cambiato la loro routine quotidiana.
Michael Jordan
Nato a New York il 17 febbraio del 1963, Michael Jordan inizia la sua carriera nel basket all’Università della Carolina del Nord, dove nel 1982 trascina i Tar Heels alla vittoria del campionato nazionale NCAA (National Collegiate Athletic Association). Due anni più tardi arriva l’atteso esordio in NBA con i Chicago Bulls, con i quali ha la fortuna di vincere sei campionati NBA, tre anelli e tre titoli di MVP, proclamandosi in breve tempo il più grande giocatore di basket di tutti i tempi. Le belle storie d’amore, però, hanno sempre una fine, ed ecco che il 6 ottobre del 1993 esce una notizia che da molti viene interpretata come uno dei più brutti pesce d’aprile: “Michael Jordan si ritira dal basket. Giocherà a baseball“. I Chicago White Sox, infatti, nota squadra di baseball della Major League Baseball statunitense, decidono di ingaggiare Air Jordan nella loro squadra. Passare dalla pallacanestro al baseball fu una scelta personale e molto profonda, legata alla scomparsa del padre James, ucciso pochi mesi prima da due balordi che avevano cercato di rapinarlo. Come dichiarato dallo stesso Jordan in un’intervista alla Nbc, egli era molto legato al papà, che aveva sempre puntato a suo figlio come un giocatore di baseball: quella scelta, quindi, fu un semplice tentativo di restare in contatto con suo padre James, esaudendo uno dei suoi più profondi desideri. Dopo un anno e mezzo disastroso trascorso nella MLB, nella quale non si dimostra l’atleta eccezionale conosciuto da tutti, Jordan decide fortunatamente di ritirarsi dal mondo del baseball. Torna a giocare di nuovo a basket e lo fa ancora una volta con i Chicago Bulls, che successivamente vinsero altri tre titoli NBA.
Forse qualcuno gli suggerì qualcosa del tipo: “Torna a casa, Lessie”.
Rio Ferdinand
Rio Ferdinand nasce a Londra il 7 novembre del 1978 ed inizia la sua carriera calcistica prima nel West Ham, con cui vince il premio di miglior giocatore giovane dell’anno e poi con il Leeds, squadra di cui diventa il capitano. Nel 2002 passa al Manchester United: nel corso del tempo diventerà una delle colonne portanti dei Red Devils, con i quali vincerà (tra i tanti titoli) sei Premier League, una coppa d’Inghilterra e una Champions League. Una volta terminato il suo periodo a Manchester, Ferdinand si trasferisce a Londra, sponda Queens Park Rangers, firmando un contratto annuale con la squadra allenata da Harry Redknapp: a fine stagione il club inglese retrocede e l’ex calciatore decide di non rinnovare il proprio contratto con il QPR. Il 30 maggio del 2015 annuncia il suo ritiro dal calcio giocato e due anni dopo, all’età di 38 anni, decide di diventare un pugile professionista. Nel settembre del 2017, infatti, Ferdinand dichiara che la boxe sarà il suo futuro e nei suoi profili social comincia a postare foto e video tramite cui mostra di allenarsi duramente in palestra e di essere in grande forma. Come capitato a Michael Jordan, anche la scelta dell’ex difensore del Manchester United è stata motivata da una vicenda personale: nel 2015, infatti, la moglie Rebecca è morta a causa di un tumore ed i guantoni hanno rappresentato per lui una sorta di medicina, attraverso cui combattere la triste realtà che lo circondava. In un’intervista al Telegraph ha dichiarato: “La boxe è uno sport incredibile per la mente e il corpo e io ho sempre avuto una passione per questo sport. Questa sfida è l’occasione perfetta per dimostrare alla gente ciò che è possibile“.
Un campione è qualcuno che si alza quando non può e Ferdinand è uno di questi: onore a lui.
Dwain Chambers
Londinese di nascita, Dwain Anthony Chambers trascorre la sua vita tra piste di atletica, campi di football e processi per doping. La sua carriera da sportivo inizia nell’atletica leggera, in cui si mette in luce da giovanissimo, vincendo nel 1995 e nel 1997 l’oro nei 100 metri agli Europei Juniores. Successivamente arrivano altri successi: nel 1999 si qualifica terzo ai campionati del mondo di atletica leggera di Siviglia, nel 2002 vince l’oro sia nei 100 metri sia nella staffetta 4×100 metri degli europei di Monaco di Baviera e nel 2003 vince l’argento nella staffetta a Saint-Denis, durante i mondiali di Francia. In quel periodo, però, iniziano ad arrivare anche i primi problemi: ad ottobre del 2003 viene trovato positivo al THG, uno steroide anabolizzante sintetico etichettato come sostanza dopante, ed il 22 febbraio del 2004 viene squalificato dalla federazione britannica per due anni. Con la squalifica in atto, Chambers decide di cambiare scenario e di dedicarsi al football americano: sembra tutto fatto, deve solo firmare un contratto con i San Francisco 49ers, ma poi la situazione sfuma del tutto, senza mai concretizzarsi. Ad aggravare ulteriormente la sua posizione ci pensa l’IAAF (Associazione Internazionale della Federazione Atletica), che nel 2006 gli toglie gli ori europei del 2002 e l’argento mondiale. Terminata la squalifica, prende parte a qualche altra gara di atletica leggera, ma nel 2007 comincia ad interessarsi nuovamente al football americano, allenandosi in un Training Camp della NFL di Tampa, una città della Florida. Nonostante un trascorso nell’atletica poco pulito e legato a diversi processi di doping (lo stesso atleta dichiara di aver assunto 300 miscele diverse di sostanze dopanti) Chambers ci riprova e nel 2009 vince l’oro nei 60 metri ai campionati europei indoor di Torino, precedendo sul traguardo i due italiani Fabio Cerutti ed Emanuele Di Gregorio.
Poteva accettare di fallire, perché chiunque fallisce in qualcosa, ma non poteva accettare di non tentare: tenace.
Tim Wiese
Originario di Bergisch Gladbach, una città della Renania settentrionale, in Germania, Tim Wiese inizia la sua carriera da calciatore con il Bayer Leverkusen. Il 15 gennaio 2002 viene acquistato come terzo portiere dal Kaiserslautern, come riserva di un certo Roman Weidenfeller, ma in seguito alla cessione di quest’ultimo al Borussia Dortmund, Wiese comincia a giocarsi il posto da titolare con Koch, altro portiere della squadra. Nel 2005 viene acquistato dal Werder Brema, dove giocherà fino al 2012, per poi trasferirsi all’Hoffenheim (dove giocherà due stagioni) e annunciare il ritiro dal calcio nel 2014. Una volta abbandonato il prato verde, Tim Wiese decide di intraprendere la carriera da bodybuilder, arrivando a pesare 117 chili (trenta in più rispetto a quando giocava a calcio) e ad attirare l’attenzione di Paul Levesque, meglio conosciuto come Triple H, un mito del wrestling internazionale e scopritore di nuovi talenti per la WWE. Nel suo primo incontro, Wiese combatte in un incontro a squadre al fianco dello svizzero Cesaro e dell’irlandese Sheamus. Dopo un match adrenalinico e molto intenso, è proprio l’esordiente wrestler ad effettuare lo schienamento decisivo, ai danni di Epico. A fine gara ha dichiarato: “La mia carriera nel calcio è terminata da tempo. A dicembre compirò 35 anni, credo che questa sia l’età migliore per fare il wrestler. Quando sono nel ring non ho paura, sono gli altri che devono averla“.
Insomma, una spiccata passione per la geometria: dal rettangolo verde al quadrilatero del ring.
Tyson Gay
Velocista americano nato a Lexington il 9 agosto del 1982, Tyson Gay debutta nell’atletica che conta nel 2005, anno in cui si concentra principalmente nei 200 metri e durante il quale inizia ad effettuare le sue prime gare da professionista. Nel 2006 inizia a migliorare le proprie prestazioni gara dopo gara e nel 2007 arriva la consacrazione definitiva: ai mondiali di Osaka, infatti, Gay conduce la gara dei 100 metri davanti ad Asafa Powell, bissa il successo nei 200 metri davanti al favoritissimo Usain Bolt e si impone anche nella staffetta 4×100 metri. Tre successi che equivalgono a tre medaglie d’oro, a cui si aggiunge quella d’argento nel 2008 a Pechino, quando arriva secondo nella gara in cui Bolt stabilisce il nuovo record mondiale dei 100 metri con 9″72 secondi. Come altri atleti della sua disciplina, però, anche Tyson Gay si trova a dover fronteggiare i problemi con il doping: nel 2014 viene trovato positivo ad un test antidoping e l’AMA (Agenzia Mondiale Antidoping) lo squalifica inizialmente per due anni, per poi ridurre tal squalifica a dodici mesi. Questa decisione di limitare la condanna fa infuriare non poco i personaggi del mondo sportivo, tra cui lo stesso Usain Bolt che dichiarò: “Gay ha tradito lo sport, andrebbe buttato fuori a vita“. Conclusa l’esperienza con l’atletica leggera, l’ex corridore statunitense decide di avviare una nuova carriera, quella dello slittino, e per questa ragione si iscrive ai campionati americani di spinta di bob, che si disputano a Calgary, in Canada. Sin dal principio, il suo obiettivo è quello di entrare a far parte della squadra di slittino degli USA come frenatore, ma il giorno stesso della gara Gay cambia idea. Sembra infatti che, non avendo ancora acquisito la giusta esperienza con quella nuova disciplina, attraverso un consulto con lo staff e con gli allenatori, si decide di non farlo gareggiare in modo tale da fargli guadagnare una preparazione migliore.
Se vuoi correre, corri un chilometro. Se vuoi cambiare vita, dedicati allo slittino.