Quando potremmo riparlare di Grande Milan?
Quando potremmo riparlare di Grande Milan? La risposta è ovviamente sempre, ci sarà sempre un grande Milan quantomeno da ricordare, da ammirare e da porre come esempio, un esempio che definire scomodo è poco. In pochi sono riusciti ad onorare quel lustro, non eguagliandoli in grandezza ma riuscendo comunque a portare a casa trofei. La storia rossonera è ricca di squadre gloriose e vincenti, ma una sola è il Grande Milan, quell’armata guidata prima da Sacchi e poi da Capello con la difesa più forte della storia del calcio, un centrocampo arcigno e ricco di qualità ed il talento di Van Basten in attacco. Negli anni avvenire i rossoneri affrontano una breve transizione, impreziosita dallo scudetto del 1999, sotto la guida tecnica di Zaccheroni; in questi anni vengono poste le basi per un altro Milan fortissimo, forse quello che più si è avvicinato ai fasti della squadra formidabile degli anni 90′, inserendo in rosa un giovanissimo Ševčenko. La svolta arriva nell’estate 2001, quando Carlo Ancelotti lascia la panchina della Juventus e viene ingaggiato da Galliani, Carletto era stato grande protagonista da giocatore dei successi rossoneri con Sacchi e Capello e adesso è pronto per aiutare in altre vesti. La sua esperienza da allenatore del Milan dura 8 anni, pieni di emozioni e successi, e crea un altro blocco di giocatori fedelissimi alla causa rossonera: Nesta, Pirlo, Inzaghi, Seedorf, Cafù e Gattuso, si aggiungono a Maldini, Costacurta e Ševčenko. Il Milan di Ancelotti è l’unico che è riuscito ad onorare la definizione di “Grande Milan”, nonostante gli alti e bassi che condizionarono alcune stagioni, specialmente in campionato, ma Carletto era uomo di Coppa. In Champions i rossoneri si esprimono al meglio, in 8 stagioni raggiungono ben 3 finali, due vinte ed una persa, poi conquistano lo scudetto nel 2004. Ad impreziosire la sua esperienza vi è anche la presenza di due vincitori del pallone d’oro: Ševčenko nell’anno dello scudetto, 2004, e Kakà nel 2007, anno della seconda vittoria in Champions League. Nell’estate 2009 arriva un’altra rivoluzione, dopo 8 anni Ancelotti lascia e si accasa al Chelsea, Kakà viene ceduto al Real, la guida tecnica del Milan è affidata ad un altro ex, Leonardo, che si affida a Ronaldinho, appena arrivato dal Barcellona, ed ai giovani Thiago Silva e Pato. Nel 2009-2010 i rossoneri si piazzano terzi in Serie A ed escono al primo turno in Champions, qualcosa sembra cambiato. Nell’estate successiva viene ingaggiato Massimiliano Allegri e vine comprato dal Barcellona Zlatan Ibrahimović, nel 2011 i rossoneri si aggiudicano lo scudetto, e nei due anni successivi sotto la guida tecnica di Allegri arrivano secondi e terzi in campionato, ma la discesa è già partita. La Serie A non è più quella di una volta, Berlusconi e molti altri presidenti non riescono più a sostenere i costi faraonici del calcio europeo, arricchitosi con l’arrivo degli investitori arabi. Il Milan in europa fatica, come del resto tutte le squadre Italiane, Berlusconi decide così di vendere la società a Li Yonghong, la vendita va in porto dopo un calvario che lascia dei dubbi sull’affidabilità del compratore cinese, che nel 2018, a fronte di inadempimento economico lascia al fondo Elliot. Negli anni delle nuove proprietà il Milan non arriva mai sopra il quinto posto, collezionando una sfilza di stagioni deludenti anche dopo alcune sessioni di calciomercato caratterizzate da spese ingenti. Si sono inoltre susseguiti numerosi allenatori ed in pochi hanno convinto. L’ultimo ribaltone societario è di qualche settimana fa con Boban che lascia il suo ruolo dirigenziale dopo i numerosi scontri con il direttore generale ed amministratore delegato Gazidis, mentre appare ancora incerto il futuro di Maldini e Pioli, che probabilmente sarà chiarito alla fine di questa crisi sanitaria. Ci siamo soffermati poco sugli ultimi anni del Milan, poiché li conosciamo tutti ed è abbastanza evidente di quanto siano lontani anni luce dall’idea di “Grande Milan”; questa sarebbe la settima stagione consecutiva che i rossoneri non rientrano nelle prime quattro del nostro campionato, inizia ad esserci una generazione di tifosi che di Milan conosce solo questo, una squadra da metà classifica e niente più. Come uscirne? E’ una domanda difficilissima e certo noi non siamo i più adatti a rispondere, dato che ci limitiamo a scrivere di calcio, ma un’idea proviamo ad offrirvela a fronte delle tante stagioni seguite: ci vuole stabilità, ogni tanto si sbaglia e si prendono i fischi, ma a costo di sottoscrivere meno abbonamenti bisogna credere nel proprio progetto. Nel Milan degli ultimi anni si aspetta un salvatore e tutti i protagonisti si provano ad elevare a questa posizione, “il salvatore del Milan”, ed ad ogni ribaltone societario si susseguono puntualmente campagne acquisti folli che poche volte hanno dato i loro frutti (esempi: Bonucci, Higuain, Piatek). Ci vuole calma, per creare il concetto di “Grande Milan” ci sono voluti vent’anni di Berlusconi, non tutti sulla cresta dell’onda, ci sono state rivoluzioni, momenti di transizione e delusioni, tutti utili a ripartire per aggiornare la bacheca dei trofei. Ad ogni anno di transizione ne seguivano cinque, sei di successi. Ricreare il Milan di Sacchi è impossibile, ma lavorare per ambire a quel modello è possibile, bisogna mettere in conto che rinunciare ad un acquisto roboante potrebbe causare la perdita di qualche abbonamento, ma non minerebbe la stabilità dei piani.
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Nel podcast tematico sulla Serie A questa settimana abbiamo parlato dei nuovi acquisti dell’Inter: Young, Moses ed Eriksen, tutti e tre provenienti da squadre di Premier League, dunque un calciomercato simile a quello fatto dal duo Marotta-Ausilio già in estate. L’Inter di Conte ora ha tre nuove frecce nella propria faretra, ma cosa possono dare i nuovi arrivati ai nerazzurri? Corsa, dinamismo, tecnica ed esperienza sicuramente, ma basteranno per arrivare alla vittoria del tricolore?



