Un progetto saldo e basato su principi forti come la maturazione dei giovani e la voglia di dimostrare non può non avere un capo degno di questo nome, un capo di vedute aperte, calcolatore, curatore anche del più piccolo dettaglio, padre padrone e uomo di cuore ed intelligenza. Sommiamo tutte queste caratteristiche e facciamo un solo ed unico nome, Gian Piero Gasperini. E il progetto saldo è facile da individuare, l’Atalanta Bergamasca Calcio, la squadra rivelazione ormai da due stagioni di Serie A.
Andiamo per gradi ad individuare i grandi meriti del Gasp nel successo neroazzurro, che negli ultimi anni non solo ha raggiunto i migliori risultati orobici della storia, ma ha anche creato una nuova generazione di campioni da cui attingono le big e le nazionali maggiori per il proprio futuro.
I RISULTATI, ANCORA UNA VOLTA

Due stagioni esaltanti, iniziate nel giugno del 2016, dopo una stagione anonima con alla guida Edy Reja, un quarto posto, una semifinale di Coppa Italia eliminando il Napoli e i sedicesimi di Europa League contro il Borussia Dortmund, dopo aver passato un girone di ferro con squadre decisamente più blasonate.
Ma la cosa più complicata era ripetere risultati simili in questa stagione, con un’annata fisicamente probante ed estenuante sia dal punto di vista fisico che mentale: bisognava fare una scelta, rinunciare al possibilità di ripetere un campionato stellare come quello appena passato oppure affrontare l’Europa League come una semplice passerella. Ma i grandi allenatori sono quelli che riescono ad onorare tutte le competizioni (non ce ne voglia Sarri) e Gasperini ci sta riuscendo, lottando con il Milan dei 200 milioni per il mercato per un posto in Europa League, forse anche più meritato rispetto ai rossoneri.
Non che l’Atalanta non abbia avuto periodi no, soprattutto nel post-Borussia, ma è riuscita al momento giusto a trovare le giuste energie per tornare in alto e lottare fino all’ultimo per la prossima Europa League anche grazie all’utilizzo dei super-giovani di Zingonia. E proprio questo è il prossimo punto.
L’ORO DI ZINGONIA

LAZIO-ATALANTA 06-05-2016 ESULTANZA DI MUSA BARROW. SILPRESS
Barrow, Mancini, Bastoni, Vido e Melegoni, cinque nomi per il futuro atalantino che in questa stagione sono stati lanciati da Gasperini. In particolare i primi due citati, Barrow e Mancini, sono entrati in pianta stabile nello scacchiere atalantino, con l’attaccante gambiano in particolare che ha superato nelle gerarchie offensive giocatori come Petagna e Cornelius e che soprattutto ha iniziato a segnare: Mancini, invece, ha avuto numerose chance, condite anche dal primo goal in Serie A, regalando la vittoria nella gara contro il Chievo. Per Gasperini non è una novità, dopo aver lanciato giocatori come Spinazzola, Caldara, Kessiè, Grassi, Conti, Gagliardini e Petagna. Per gli altri citati c’è stato meno spazio ma si sono intraviste già le possibilità per continuare con il ciclo di enfant-prodige di zingoniana fattura.
UN NUOVO CALCIO TOTALE?

La citazione è pesante, parlare di calcio totale per una squadra di provincia è probabilmente azzardato, però sembra talmente veritiero: stiamo parlando di una squadra che gioca con una difesa a tre con due esterni molto alti e tre attaccanti, con un centrocampo senza giocatori solo di distruzione ma soprattutto dall’alto tasso tecnico e tattico. Tutti attaccano e tutti difendono: 10 goal segnati dai difensori in rosa, 4 gli assist di Toloi, centrale puro, con soli 34 goal subiti, quinta miglior difesa del campionato. Una squadra che non ha un vero e proprio bomber, i goal sono equamente distribuiti tra Ilicic, Gomez e Cristante. Su quest’ultimo andrebbe scritto un articolo a parte, tatticamente l’arma in più di Gasperini, inserimento, tecnica, capacità di salto, senso del goal e tanti assist. Il gioco è veloce, fluido, sviluppato sulla capacità di portare palla dei tre dietro e la capacità di trasformare e veicolare le azioni del Papu Gomez, quest’anno in veste quasi di vecchio 10 all’italiana, tra le linee ad aprire il campo per gli spunti di Ilicic e Cristante o per attivare le frecce Hateboer, Goosens, Spinazzola e Castagne. Aldilà poi del dominio territoriale il gioco di Gasperini mette in difficoltà anche la squadra più preparata difensivamente.
MI CHIAMO GIAN PIERO E CREO CAMPIONI

Genoa forward Diego Milito, of Argentina, left, is hugged by coach Gian Piero Gasperini at the end of a Serie A soccer match between Genoa and Lecce, in Genoa’s Luigi Ferraris stadium, Sunday, May 31, 2009. Milito will be going to Inter Milan at the end of the season. (AP Photo/Italo Banchero)
Dulcis in fundo la capacità maggiore del Gasp è quella di trasformare buoni giocatori in grandi giocatori. Non si parla dei giovani, ma di quei giocatori che dopo una carriera di alti e bassi riescono finalmente ad esprimere tutto il loro potenziale sotto la sua guida. Questa stagione è capitato ad Ilicic, mai stato così decisivo, la scorsa al Papu Gomez, devastante in zona goal, prestazioni da 10 in pagella con tanto di convocazione in nazionale argentina a fine stagione. Non solo a Bergamo, anche a Genova il Gasp ha creato giocatori che in carriera hanno vinto trofei su trofei: Criscito, Borriello, Papastathoupolos, Thiago Motta, Diego Milito, Palacio, Boateng, Miguel Veloso, Sturaro, Bertolacci, Kucka, Perotti, Iago Falquè, Rincon. Nulla da aggiungere, i nomi parlano da soli.
In una carriera così ampia l’unica macchia rimarrà aver allenato forse la peggior Inter degli ultimi anni, in futuro magari sarà bello vederlo con una squadra da Champions; oppure no, lasciatecelo lì a Bergamo, a regalarci la favola Atalanta.



