È il 17 aprile del 1999. Sotto una pioggia torrenziale la Juventus fa visita a una Lazio favorita e in corsa verso lo scudetto. A rovinare i sogni dei biancocelesti, ci pensa un ragazzino semi sconosciuto di 22 anni. Il suo nome è Thierry Henry e nessuno in quel momento osa immaginare che quel giocatore sarebbe presto diventato uno dei più grandi rimpianti della storia di ‘Madama’.
Un’esperienza italiana tutt’altro che esaltante, culminata con l’addio e il trasferimento in Premier League, nel nord di Londra all’Arsenal, dove da semplice giovane promessa Henry diventerà letteralmente una leggenda. In otto anni di successi con la maglia dei Gunners, Titì collezionerà 369 presenze condite dalla bellezza di 226 reti. Numeri mostruosi in grado di garantirgli l’accesso immediato nell’olimpo del calcio.
Poi l’addio sofferto, il viaggio verso Barcellona, la capitale del calcio europeo in quel momento. Con la maglia dei blaugrana vincerà una Champions League, quella che proprio il Barça gli strappò dalle mani quando con il suo amato Arsenal la sfiorò in una piovosa serata di maggio parigina. Ma Titì, in Catalogna, non riuscì mai a farsi amare come lo amavano i tifosi dei Gunners, immensamente innamorati di un fuoriclasse inimitabile.
Infine, il passaggio in MLS ai New York Redbull, intervallato da un’incredibile ritorno all’Arsenal, bagnato con un gol da favola al Leeds, in un ottavo di FA Cup. Ora, questo signore del pallone ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo, ma il suo nome rimarrà leggenda. A ricordare le sue gesta da calciatore ci sarà sempre una statua, fuori l’Emirates Stadium, che lo immortala mentre esulta scivolando, il doveroso tributo a un Campione con la C maiuscola.