Vucinic: “Doppietta nel derby? Mi ubriacai! Totti e Del Piero sono poesia”

Vucinic: “Doppietta nel derby? Mi ubriacai! Totti e Del Piero sono poesia”

Ieri Mirko Vucinic ha rilasciato una lunga intervista a SkySport ricordando molti aneddoti delle sue esperienze in Serie A con le maglie di Lecce, Roma e Juventus:

Sul derby del 2010

“Ranieri tolse il muro portante della nostra casa e in quel momento abbiamo pensato che potesse crollare tutto. Invece abbiamo vinto e dopo quella vittoria ho festeggiato molto, tornando a casa non esattamente sobrio. La Lazio mi ha sempre portato bene: era bello perchè tutti i miei amici più cari sono laziali e mi hanno sempre detto un sacco di parolacce”.

Lo Scudetto con Antonio Conte

“Con il mister siamo diventati una macchina da guerra. Nessuno all’inizio della prima stagione pensava che avremmo potuto vincere e invece, mattone dopo mattone, abbiamo costruito una casa bellissima. Il momento più importante di quel campionato 2011-2012 è stato la vittoria in casa contro il Milan. I rossoneri sulla carta erano molto superiori a noi, ma quel successo ci ha fatto capire che ce l’avremmo potuta fare”.

Totti e Del Piero

“Loro sono poesia. Quando toccano la palla si sente un rumore diverso. Sono fenomeni e un giorno potrò raccontare ai miei figli di aver giocato insieme a loro. Leader nello spogliatoio? Sono dei numeri uno in campo e fuori, non si può essere capitani della propria squadra per così tanto tempo se non si hanno queste doti”.

L’inizio a Lecce

“Ancora oggi non capisco perchè il Lecce mi ha acquistato. Quando sono venuti a vedermi in Montenegro, ho giocato una partita pessima. So solo che il direttore sportivo Corvino mi voleva a tutti i costi e decise di comprarmi. Zeman? Dal lunedì al sabato ti fa arrabbiare per quanto ti fa allenare, però alla domenica noi attaccanti siamo sempre stati contenti. Con tutti quei gol…”.

 

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Luis Enrique: “Triste il calcio senza pubblico, con Totti ho un buon rapporto”

Luis Enrique: “Triste il calcio senza pubblico, con Totti ho un buon rapporto”

Il CT della Spagna, Luis Enrique, ha parlato al canale Colgados del Aro by Endesa su YouTube. Durante la chiacchierata il CT de La Roja, ed ex tecnico di Roma e Barcellona, ha parlato tra le altre cose anche del rapporto con Totti e della tristezza che trasmette un calcio senza tifosi, facendo l’esempio della Bundesliga. Andiamo a vedere le sue parole:

GUARDANDO LA BUNDESLIGA: “Ho visto le immagini della Bundesliga, davvero avvilenti: si sentono anche gli insulti, si perde l’intimità. Il calcio senza tifosi è triste, come ballare con la propria sorella“.

THE SHOW MUST GO ON: “Tuttavia, dobbiamo capire che si tratta di un business che genera molti soldi e, nonostante lo spettacolo offerto sia diverso, può comunque aiutare a superare il confinamento. Rischi? Non ho paura. Ho solo paura per gli anziani che amo e per quelli che possono soffrire a causa della malattia. A livello personale non ho paura. D’ora in poi, quando prenderemo un raffreddore, dovremo indossare una mascherina. Lo accetteremo tutti. Sono sicuro che se fossi stato giocatore avrei voluto tornare in campo“.

IL RAPPORTO CON FRANCESCO TOTTI: “E’ una delle grandi soddisfazioni da giocatore. Quando vedi che c’è affetto e un ricordo meraviglioso delle esperienze condivise. Come allenatore è la stessa cosa. Quando sono arrivato ci hanno messo in contrasto come sempre accade quando si arriva in un nuovo club, soprattutto per quanto riguarda la mia fama. Ho sempre avuto ottime referenze con la maggior parte dei giocatori. Non ho visto l’intervista, ho sempre avuto un buon rapporto con Francesco”.

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Totti: “La Lazio non esiste. Monchi è un professionista”

Totti: “La Lazio non esiste. Monchi è un professionista”

Francesco Totti torna a farsi sentire e come al solito non è mai banale, stavolta concede un’intervista al quotidiano spagnolo “Libero” ed affronta moltissimi temi, dalla sua scelta per la Roma, passando per il rifiuto al Real Madrid, fino all’esperienza romanista di Monchi:

Scegliere la Roma:

“Perché la Roma o la Lazio? A me non dovete chiederlo. Per me Roma è la Roma. La Lazio non esiste. Non posso fare paragoni. Ciò non significa che sto parlando male di loro, tutt’altro. Per me la Roma è unica, così come i suoi tifosi. Sono passionali, sentimentali, danno tutto per la maglia”.

“Mia madre era della Lazio per mia nonna. Io giocavo nella Lodigiani, hanno chiamato i miei genitori e a me mi ha chiamato mio fratello Riccardo per parlare di queste due opzioni. Non ho avuto dubbi, mio padre e mio fratello erano della Roma. Ho scelto la Roma, però loro avrebbero preferito la Lazio perché avrebbe pagato. Per fortuna è stata la scelta migliore”.

Capitolo Real Madrid:

“Almeno due. Ne ricordo una, nel 2003. Mi restava un anno di contratto. Ci sono stati alcuni problemi con il presidente per altri motivi, non miei personali. E il Real Madrid mi offriva qualsiasi cifra per andare lì. Complessivamente qualcosa come venti, venticinque milioni. E alla Roma molti soldi. Io, tra alcune cose e altre, avevo una convinzione di andare dell’80%. Inoltre, con la Roma non vivevo il mio momento migliore. Mi hanno offerto molto, qualsiasi cosa, anche la “10” di Figo, che avrebbero venduto all’Inter. C’era Raúl, capitano, simbolo di Madrid, che era quello che guadagnava di più. Ogni giocatore che arrivava doveva guadagnare meno di lui. Ci ho pensato molto. Ilary (non eravamo ancora sposati) mi disse che stava lasciando il suo lavoro e che sarebbe venuta con me. Alla fine Sensi mi ha parlato, abbiamo chiarito tutto… E sono rimasto. È stata una scelta dal cuore in cui la famiglia, gli amici, i tifosi e la Roma hanno pesato molto. Ho avuto la sensazione di fare qualcosa di diverso da quello che fanno normalmente gli altri, che non respingono club di questo tipo. Mi sentivo un grande giocatore e, allo stesso tempo, diverso. Con l’amore verso una maglia. Giocare con loro (il Real Madrid, ndr), appartenere a quel gruppo, sarebbe già stato fantastico. Non giocare dall’inizio non sarebbe stato un problema. Il Real Madrid non è un club normale. A tutti sarebbe piaciuto giocare lì”.

Capitolo Monchi:

“Un rapporto con alti e bassi. Non mi sono mai sentito importante nel progetto. Lui per me è una persona leale, sincera, molto professionale. Non è stato facile il suo arrivo. E’ passato da Siviglia, dove è rimasto per 30 anni, a Roma dove tutti si aspettavano il massimo. E’ arrivato in un momento singolare della gestione americana, penso sia stato mal consigliato. Non si è circondato delle persone che volevano davvero lasciargli fare il suo lavoro. Ha avuto fiducia in altri che pensavano di più a se stessi”.

 


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Ronaldo a Del Piero: ” Siete in 4 ad avere un Pallone d’oro in meno”

Ronaldo a Del Piero: ” Siete in 4 ad avere un Pallone d’oro in meno”

In questo periodo di quarantena le dirette degli ex calciatori hanno tenuto compagnia a moltissimi appassionati, che hanno avuto l’occasione di scoprire numerosi retroscena di alcune tra le più grandi squadre del calcio europeo. Bobo Vieri ha creato un appuntamento fisso ed ogni sera ospita sul suo profilo instagram ex calciatori, personaggi d’attualità e sportivi; lo stesso format è stato riproposto da Cannavaro e da Ronaldo il fenomeno. Proprio una diretta dell’asso brasiliano, nella quale era ospite Alessandro Del Piero, ha riaperto un dibattito che va sempre di moda: con quale criterio viene selezionato il vincitore del Pallone d’oro? Il miglior calciatore al mondo? Quello che ha vissuto l’annata migliore? Perché i difensori, i portieri ed i giocatori di contenimento sono così penalizzati?

Il Fenomeno nella sua diretta con Del Piero si lascia andare ad un commento: “Ci sono 4 giocatori della nostra generazione che avrebbero dovuto vincere un Pallone d’oro, non so come, ma per la grandezza raggiunta dovevano averlo nel loro Palmarès e sono: Del Piero(te), Totti, Maldini e Raùl, che c’è andato vicino tante volte senza mai riuscirci. Tu vedi la carriera di questi ragazzi, ed ovviamente sono stati riconosciuti tantissime volte per le numerose vittorie, però, guardandomi indietro, penso che gli manchi quel riconoscimento finale che possa testimoniare la loro grandezza.”

Parole al miele di un Dio del calcio per 4 dei più grandi calciatori della storia.

 


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Nuno Campos: “Con Fonseca stiamo visionando giocatori interessanti”

Nuno Campos: “Con Fonseca stiamo visionando giocatori interessanti”

L’allenatore Nuno Campos, vice del tecnico giallorosso Paulo Fonseca e suo fidato amico e collaboratore, ha parlato ai microfoni di Tribunaexpresso.pt spiegando il quotidiano lavoro che fa in videochat con i calciatori e con l’allenatore della Roma, ha poi raccontato della sua quarantena, dell’importanza dell’analisi dei video e dei dati nel calcio moderno e dell’adattamento inizialmente complicato al calcio italiano. Andiamo a vedere cos’ha detto nello specifico:

Sei in italia?
“Sì, sono a Roma, da solo, perché la mia famiglia è a Esposende”.

Come va l’isolamento?
“Non è un momento facile, né per me né per nessuno, perché siamo confinati nelle nostre case. A volte esco un po’, ma solo qui vicino casa mia, dobbiamo rispettare ciò che ci è stato imposto, perché la cosa più importante è passare questo momento. Faccio esercizi e vedo alcuni giocatori che potrebbero interessarci, lo faccio insieme a Paulo. A volte lavoriamo anche insieme, ma ovviamente è un lavoro completamente diverso da quello a cui eravamo abituati. È un momento difficile per tutti. Stare qui da solo penso che sia un po’ più complicato, ma credo che anche per una famiglia che è a casa non sia facile. Non ci siamo abituati, ma dobbiamo essere forti e contribuire, a modo nostro, a superare questo momento”.

Riesci a fare qualche lavoro con i giocatori?
“Sì. Nuno Romano ha questa parte più fisica e lavora con i giocatori ogni giorno. Fanno videoconferenze congiunte sulle piattaforme esistenti, anche in linea con il dipartimento medico del club, perché ci sono anche giocatori che si stanno riprendendo da infortuni. È un lavoro quotidiano ed è più Nuno che se ne occupa”.

José Boto ti ha descritto come “una delle persone in Portogallo che meglio conoscono il calcio e lo spiega”. Non hai voglia di condividere il tuo modo di lavorare?
“No, non abbiamo quel tabù di non condividere il nostro pensiero sul calcio. Penso che le persone oggi abbiano accesso a molte informazioni, ma a volte ottengono un’idea sbagliata da alcuni allenatori. Penso che quando dimostriamo il nostro pensiero sul gioco, riveliamo esattamente in che modo vogliamo operare. E poi il nostro team, nel gioco, mostra se ciò che diciamo è vero. Ho avuto ottime conversazioni con Boto, perché è una persona molto esperta nella zona e mi piace parlare con persone che capiscono quello che stiamo dicendo, perché se siamo molto antagonisti nel modo in cui vediamo il gioco, è difficile avere una conversazione. Preferisco non essere in conflitto con nessuno, ognuno difende ciò che vuole. Naturalmente, trovo più facile parlare con persone che condividono la mia visione del gioco. Boto è uno di questi, perché gli piacciono le squadre che prendono il controllo del gioco, che sono protagonisti, che apprezzano la palla, che valorizzano il giocatore. Non nascondiamo le cose. I giochi sono aperti oggi, scambiamo i video dei nostri giochi con i nostri avversari, perché il campionato italiano ha un programma che consente l’accesso a tutte le partite, quindi oggi non c’è molto da nascondere. In passato era tabù parlare e mostrare qualcosa, ma penso che oggi non dovrebbe esserlo, perché condividere opinioni non significa che l’altro sarà in grado di contraddire ciò che pensiamo. Questo è il motivo per cui studiamo gli avversari e abbiamo anche alcune sfumature per sfruttare l’avversario per fare questo o quello. Penso che, soprattutto, sia la fiducia che abbiamo nel nostro lavoro, perché quando l’abbiamo e guardiamo dentro non abbiamo problemi a esporre agli altri ciò che pensiamo. Penso che provenga da questo nostro modo di essere e di parlare con gli altri. Paulo è lo stesso. Paulo va alle conferenze stampa e qui in Italia i giornalisti, è divertente, fanno molte domande tattiche e penso che sia ancora più facile per un allenatore rispondere a queste domande. E Paulo spiega tutto. Dà anche spesso gli undici che giocheranno il giorno successivo. Il nostro obiettivo: i giocatori, dentro, sanno come superare le diverse difficoltà”.

L’altro giorno ho sentito Abel Ferreira dire che aveva trascorso alcune ore al telefono con te. Questa condivisione avviene anche tra allenatori?
“Non parlo da vicino con molti allenatori, ma con quelli con cui parlo, parlo spesso e parlo di tutto. Abel è uno di questi e non ho problemi a condividere con lui e con gli altri informazioni, perché parliamo la stessa lingua, abbiamo idee simili. Con Abel discuto molto su alcuni dettagli riguardo il rischio di fare certe cose. Riconosco che, forse, sono più rischioso rispetto ad Abel. Con questo, non voglio dire che Abele debba fare come dico io, ma anche lui non mi farà fare come dice lui (ride ndr.). È una discussione salutare e sono felice di farlo, perché Abel è una persona che ama parlare di calcio. E mi piace anche molto come persona, abbiamo una relazione stretta da molti anni”.

Hai appena parlato della grande quantità di informazioni che esiste oggi sul gioco. Forse sono queste conversazioni che trasformano l’informazione in conoscenza acquisita.
“Senza dubbio. E direi anche di più: troppe informazioni, per chi non è sicuro, è solo una complicazione. Cosa intendo con questo: quando abbiamo un percorso in cui abbiamo già pochi dubbi e, nel nostro caso, il nostro modello di gioco è in continua crescita, non ci causa nessuna differenza nella lettura di molte informazioni, ma non abbiamo sfruttato tutte le informazioni, molte delle quali non le usiamo. Quando abbiamo ancora molti dubbi, perché stiamo iniziando una carriera e non siamo ancora sicuri del nostro modello, allora possiamo correre il rischio, con così tante informazioni divergenti, di non sapere come muoverci. Intendo informazioni a livello tattico ma anche a livello di altre cose, perché al giorno d’oggi si parla molto della PNL, della parte fisica e di tutto e di niente. C’è molta conoscenza che, in pratica, a volte può aiutare, ma se è in eccesso, fa anche male. Ci sono molte aree in cui lo stesso allenatore finisce per dover creare un filtro, perché non può raggiungere tutti i giocatori con queste informazioni, perché non capiranno, non avranno pazienza e, se alziamo il livello, non vorranno nemmeno ascoltare. Dobbiamo essere in grado di avere la sensibilità di metterci dall’altra parte. Mi rivolgo qui agli allenatori che stanno iniziando, perché ci sono molti che pensano che sapere di più sia sempre meglio – e a volte non lo è, e finisce per far male”.

Quando eri un giocatore, quali informazioni avevi?
“Quando ero un giocatore non c’era quasi nulla (ride ndr.). C’era un assistente dell’allenatore, un allenatore, un allenatore di fitness e un allenatore dei portieri. Ho avuto diversi allenatori e, più tardi, quasi alla fine della mia carriera, ho avuto Jorge Jesus. Posso dire che impariamo da tutti, non è un cliché, perché forse con alcuni impariamo cosa non fare. È così. Ora, l’opinione che ci sia del gioco oggi, pochissime persone lo avevano in quel momento, anche perché non c’erano informazioni che esistono oggi, non c’erano mezzi che esistono oggi. Il video aiuta molto tutti gli allenatori e allora non era utilizzato. Oppure, se c’era, era guardare 90 minuti su un nastro VHS. Sto iniziando a essere vecchio, è un problema (ride ndr.)”.

E come hai conosciuto Paulo Fonseca?
“È una storia interessante, perché non ho mai giocato con Paulo nella stessa squadra, abbiamo sempre giocato l’uno contro l’altro. Ma avevamo amici in comune, in particolare uno, Quim Zé, il direttore sportivo di Mafra. Ero spesso con Paulo alle feste di compleanno dei figli o della moglie di Quim Zé o del suo. Anche Paulo era stato allenato da Jesus e forse questa condivisione del suo modo di giocare ci rende più vicini l’uno all’altro in termini di pensiero. Quim Zé ci ha permesso di discutere molto sull’idea del gioco e, a volte, Paulo aveva bisogno di un assistente per allenarsi nelle juniores di Estrela. Poi ho parlato con lui ed è stato facile: “Cosa ne pensi del gioco? Per me, questa è la cosa più importante”. Certo avevamo lo stesso modo di pensare, forse perché Jesus era stato il collegamento. Ed è così che abbiamo iniziato a lavorare insieme”.

Avete cominciato a fare sul serio quando siete arrivati all’Aves, in seconda divisione: hanno offerto a Paulo 2.400 e lui li ha divisi con te.
“Siamo stati due anni alla Pinhalnovense ed era già una squadra molto solida nella seconda divisione B ,questo ci ha permesso di avere giocatori migliori. Lì abbiamo fatto un buon lavoro e guadagnato visibilità, perché in quelle due stagione siamo arrivati ai quarti di finale della coppa di Portogallo due volte. Il primo anno siamo stati eliminati dal Naval 1º Maio che era nella massima divisione e nel secondo anno ci ha eliminato il Porto al Dragao. […] Poi è arrivato l’Aves e Paulo li ha incontrati. E probabilmente non saremmo qui a parlare oggi se Paulo non avesse avuto il cuore che ha, ha fatto qualcosa che nessuno avrebbe fatto. Aveva già avuto un’offerta che era bassa, comparata alla maggior parte degli allenatori, perché arrivava dalla Seconda Divisione B, e già la condivideva con me. Loro non volevano più tecnici, avevano lì il loro staff, ma Paulo ha detto: “Vengo, ma solo col mio assistente”. E hanno detto che non avevano soldi per pagare: “Ma non ti sto chiedendo soldi, ti sto solo dicendo che vengo con il mio vice”. Paulo ha condiviso ciò che gli è stato offerto ed entrambi abbiamo guadagnato poco, ma eravamo felici di lavorare insieme in un campionato professionistico (ride ndr.). Questo è qualcosa che fanno solo poche persone, guardare le cose senza il minimo problema in termini materiali. Non si tratta solo di dare soldi, non è abbastanza per lui o per me, perché avevamo le nostre famiglie, ma siamo andati e abbiamo lasciato tutto alle spalle. Abbiamo quasi pagato per allenare”.

Ci sono state delle difficoltà arrivati a Roma?
“Sì, quando siamo arrivati a Roma c’erano delle difficoltà. È un campionato difficile, in cui gli allenatori preparano molto bene le partite. Questo cambia la direzione del nostro pensiero? No. Possiamo avere una sfumatura o un’altra, anche le caratteristiche dei giocatori possono essere importanti per questo, ma la maggior parte del nostro modello di calcio non cambierà mai. Vogliamo essere protagonisti e vogliamo sempre controllare il gioco per dominarlo, perché in questo modo difendiamo meglio”.

Come è cambiato il vostro modo di approcciarvi alle partite in Italia?
“Ad esempio, le differenze nella prima fase della costruzione sono cose che i giocatori percepiscono facilmente e non vedono come un grande cambiamento. Qui in Italia, i giocatori sono abituati a lavorare in modo molto tattico con gli allenatori. Nella prima fase di costruzione abbiamo diverse soluzioni e già le dominano. Sotto pressione anche abbiamo diversi modi di giocare a seconda dell’avversario. Ma, nel mezzo di queste due cose, ce ne sono molte altre che sono difficili. Non possiamo addestrare tutto, perché non abbiamo tempo, né possiamo sempre dare feedback su qualunque cosa”.

Cosa pensi che manchi ancora alla Roma?
“La Roma è un club fantastico. Questo è considerato l’anno zero per tutti, è l’anno in cui abbiamo iniziato a costruire un’idea di gioco, a voler costruire una squadra forte, che richiede tempo e, naturalmente, potremmo aver bisogno di alcuni rinforzi. Penso che abbiamo già gettato le basi per la prossima stagione per essere migliori. L’obiettivo è quello di essere al 4 ° posto. Siamo molto contenti di tutti, infatti, siamo innamorati della città e del club, perché le persone sono state tutte fantastiche, remando nella stessa direzione, cercando di aiutare e abbiamo un ottimo feedback da parte dei giocatori e dello staff. Abbiamo avuto molti infortuni, ma era un problema che veniva anche dal passato. In questa stagione abbiamo il 16% di infortuni in meno rispetto alla scorsa stagione a Roma, che sembra strano, perché sono stati tantissimi.  Anche nelle lesioni muscolari, la percentuale è diminuita molto. Abbiamo anche avuto un problema con i campi e qui e il club ha fatto un grande sforzo e ha cambiato tutti i terreni dove ci alleniamo. Penso che tutti abbiano cercato di aiutare. Paulo Fonseca è uno aperto alla discussione e mi sento privilegiato a far parte del suo team. Penso di poter parlare anche per tutti gli altri elementi, perché abbiamo totale apertura per discutere di tutti gli argomenti che vogliamo. Non solo noi, ma anche l’intera struttura del club. Naturalmente Paulo prende la decisione finale, ma il dibattito sulle idee ci consente sempre di aggiungere qualcosa e i dubbi ci fanno riflettere. La decisione viene successivamente presa da Paulo, ma ascolta tutti. È un grande piacere e un’enorme felicità per me poter lavorare in questo contesto, con un team tecnico che considero uno dei migliori al mondo, grazie al modo in cui discute e discute di tutto. Questo per dirti che questo è il nostro anno zero e che il tempo ci aiuterà a consolidare ulteriormente le cose. Quando la stagione si è fermata stavamo di nuovo bene, ma prima abbiamo avuto un periodo meno buono, anche a causa di infortuni ai giocatori chiave e non è facile superare questi momenti. Stavamo crescendo e penso che i giocatori siano soddisfatti”.

Cosa guardi durante le partite?
“Abbiamo un modo di lavorare tale che Paulo di solito guarda e si concentra sull’area dov’è il pallone, e io devo concentrarmi sulla parte opposta, controllando la preparazione per la palla persa, ad esempio”.

Qualcuno parla con te durante le partite?
“Sì. Tiago Leal vede le partite da sopra la partita e mi riferisce”.

E tu filtri quello che arriva a Paulo?
“Sì così è come lavoriamo. Paulo vede la partita nell’insieme, io mi concentro su dove non è il pallone perché attacchiamo con tanti giocatori e non possono esserci sviste, perché ci esponiamo di più degli altri.
Tiago mi segnala le cose e alcune le ho già individuate e dette a Paulo o direttamente ai giocatori, ma alcune volte nota dei dettagli dall’avversario, perché magari c’è stato un cambio o sta aprendo uno spazio che non pensavamo si sarebbe aperto . A volte do le informazioni a Paulo, altre volte le tengo per me e aspetto il momento giusto e altre parlo direttamente con i giocatori, se sono vicini. Guardando tutti le partite nello stesso modo, è molto facile lavorare insieme. Paulo è una persona fantastica che permette di fare cose che probabilmente altri non fanno […]”.

Quando siete arrivati a Roma, Totti se n’è andato perché ha detto di non essere stato consultato in merito al vostro ingresso. Avevi paura che le sue parole potessero avere un effetto negativo sui tifosi?
“Non abbiamo parlato con Totti, ma ovviamente abbiamo tutto il rispetto per lui. È un dio a Roma perché ha una carriera incredibile. Quando parli di Roma, parli di Totti. Penso che sia naturale quello che detto perché magari non ci conosceva, penso che sia normale. Totti poi ha rilasciato altre interviste dicendo che siamo molto bravi, che possiamo aiutare Roma e anche che abbiamo bisogno di rinforzi. Questo non è da tutti, perché doveva andare contro ciò che aveva detto precedentemente. Totti merita tutto il nostro rispetto ed è un grande piacere sentirlo dire dalla sua bocca. Siamo innamorati di Roma, onestamente, è un grande piacere essere qui”.

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Clamoroso Totti: il primo assistito potrebbe essere Insigne

Clamoroso Totti: il primo assistito potrebbe essere Insigne

Nei giorni scorsi è uscita fuori la notizia della fine del rapporto tra Insigne e Raiola; il capitano azzurro è quindi alla ricerca di un nuovo procuratore e, il nome che sta circolando in queste ore, è quello di Francesco Totti. L’ex giocatore della Roma, infatti, ha iniziato ad intraprendere la carriera manageriale fondando le società di assistenza e consulenza CT10 e IT Scouting. Inserire in questa scuderia un giocatore come Insigne porterebbe benefici ad entrambi; il capitano partenopeo avrebbe alle spalle un uomo di calcio di una certa rilevanza mentre Totti inizierebbe la sua nuova avventura con il botto. L’eventuale collaborazione potrebbe far pensare ad un trasferimento di Insigne in giallorosso? Difficile, almeno fino a quando la Roma non cambierà proprietà, ma non è da escludere che il Totti agente possa servire ancora una volta la sua città.

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Nel podcast tematico sulla Serie A questa settimana abbiamo parlato dei nuovi acquisti dell’Inter: Young, Moses ed Eriksen, tutti e tre provenienti da squadre di Premier League, dunque un calciomercato simile a quello fatto dal duo Marotta-Ausilio già in estate. L’Inter di Conte ora ha tre nuove frecce nella propria faretra, ma cosa possono dare i nuovi arrivati ai nerazzurri? Corsa, dinamismo, tecnica ed esperienza sicuramente, ma basteranno per arrivare alla vittoria del tricolore?

 




Milan, è giusto continuare con Maldini alle sue condizioni?

Paolo Maldini vorrebbe continuare a far parte della dirigenza del Milan – scrive oggi La Gazzetta dello Sport -, ma  con la garanzia di partecipare alle decisioni cruciali in tema di mercato e di allenatore, senza più accontentarsi di un ruolo meramente rappresentativo. Nell’ultimo anno soltanto rare conferenze stampa. Si è esposto su Rangnick, presunto nuovo allenatore, non ritenendolo un profilo giusto per il calcio italiano. Si dice che la proprietà non abbia preso molto bene la sua riflessione e le vacanze natalizie in Florida dopo il 5-0  di Bergamo con l’Atalanta, ma nessuno ha mai messo in discussione la sua permanenza. Rappresenta il Milan, la faccia bella del club, la continuità da rappresentare all’estero. Gazidis ha sempre caldeggiato il suo impiego in dirigenza e continua a crederci, perché il milanismo all’interno della società non sia azzerato e perché Paolo è un valore anche all’estero. Ma la scelta spetta a lui, chiamato a decidere se vuole andare avanti dopo aver visto gli altri mollare, come Leonardo e Boban. Perciò ora detta le sue condizioni. Maldini non ha potuto occuparsi subito di quello che era successo prima con Boban, con l’intervista alla Gazzetta e il conseguente licenziamento, perché prima c’era la questione della salute, ma bisognerà parlarne quando la situazione migliorerà. Se è vero che adesso la questione più urgente da risolvere è la ripresa della Serie A, il futuro di Paolo Maldini non è una questione meno urgente.

Nel calcio attuale non solo le bandiere e la rappresentatività, ma anche i consigli forniti dall’esperienza di chi ha vissuto lo spogliatoio intensamente e per lungo tempo non sembrano più avere un valore importante, se messi a confronto con la logica del profitto e con la necessità di far quadrare i conti, a maggior ragione per l’esistenza di ferrei (ma solo per alcuni) meccanismi di controllo finanziario. Le questioni di cuore vanno a scontrarsi con questioni di pura razionalità strumentale, il potere decisionale a chi sa come accontentare la gente “vs” a chi sa meglio condurre un’azienda in base a necessità economico-finanziarie,  uno scontro che nel XXI secolo non coinvolge solo il calcio, ma tutti gli ambiti della società, fino alla politica. L’accantonamento di Maldini, come già avvenuto con Totti e non solo, testimonierebbe ancora una volta la vittoria della seconda opzione, quella che (purtroppo) più si addice ai nostri tempi. Tuttavia  anche la sua permanenza con un ruolo meramente rappresentativo rappresenterebbe una repressione di quella che è sicuramente la volontà di Paolo di incidere in modo sostanziale sulle scelte tecniche del club e, come successo (ancora una volta) con Totti, potrebbe in seguito sfociare in una brusca rottura con la società e uno sfogo doloroso.

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Dzeko: “Fascia di capitano a Roma un grande onore”

Dzeko: “Fascia di capitano a Roma un grande onore”

Edin Dzeko ha parlato ai microfoni di Sky, questa è un’anticipazione dello speciale “AS Roma Story – Dzeko” che andrà in onda su Sky Sport Uno sabato 11 aprile alle 20:45 e domenica 12 alle 16:00. Andiamo a vedere come ha risposto alle domande fattegli da David Rossi:

Cominciamo dalle iniziative di Roma Cares, molto attiva da questo punto di vista. Anche tu sei stato coinvolto, con un videomessaggio e la donazione all’ospedale Spallanzani. Questo ti fa pensare che la tua scelta in estate sia stata quella giusta?
“Ho fatto la scelta giusta e non era difficile, ora ancora di più sono orgoglioso di far parte di questa società che in momenti difficili fa cose così importanti per i suoi tifosi che hanno bisogno di aiuto. Noi giocatori siamo a disposizione della società per aiutare in tutti i modi possibili”.

 

Com’è essere padre a tempo pieno? Non hai mai passato così tanto tempo con i tuoi figli probabilmente.
“Non sono mai stato così tanto a casa ma sono contento di stare con i miei figli, in questi momenti è l’unica positiva del rimanere a casa. I miei bambini sono contenti e quando li vedo così sono più felice anch’io”.

 

Il calcio italiano vuole ripartire. La data per riprendere gli allenamenti potrebbe essere il 3 maggio: è quella giusta?
“È una questione molto delicata. Sicuramente la cosa più importante è la salute di tutti noi. In questo momento di certo lo sport non è la priorità. Io come tanti amo lo sport ed è parte delle nostre vite. Quando la situazione si calmerà e non ci sarà più pericolo, è giusto finire il campionato perché è ciò per cui abbiamo lavorato tutti i giorni”.

 

Sui social hai espresso una dichiarazione d’amore per la tua città natale, Sarajevo. Quando non sei a Roma, invece, cosa ti manca?
“Per Sarajevo ho un amore infinito e sarà così per sempre. Di Roma mi mancherebbe casa nostra, dove abitiamo: quando andiamo in vacanza a Sarejevo, nostra figlia ci chiede sempre ‘Quando torniamo a casa’, perché per lei casa sua è qui. Amano tanto Roma”.

 

Da qualche mese hai ereditato la fascia per la partenza di Florenzi. Ti sentivi già capitano da prima?
“La prima volta che sono stato capitano è stato negli ultimi sei mesi a Wolfsburg, poi sono andato al Manchester City. Negli ultimi sei anni sono stato capitano della Bosnia e sono orgoglioso. Poi esserlo a Roma dopo Totti e De Rossi è un grande onore in questa società meravigliosa. Io già da prima mi sentivo uno dei capitani, perché penso che ogni squadra abbia più di un leader dentro e fuori dal campo al di là della fascia”.

 

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Nel podcast tematico sulla Serie A questa settimana abbiamo parlato dei nuovi acquisti dell’Inter: Young, Moses ed Eriksen, tutti e tre provenienti da squadre di Premier League, dunque un calciomercato simile a quello fatto dal duo Marotta-Ausilio già in estate. L’Inter di Conte ora ha tre nuove frecce nella propria faretra, ma cosa possono dare i nuovi arrivati ai nerazzurri? Corsa, dinamismo, tecnica ed esperienza sicuramente, ma basteranno per arrivare alla vittoria del tricolore?




Totti: “Fonseca è un grande. Sono fiero dei romani”

Totti: “Fonseca è un grande. Sono fiero dei romani”

Francesco Totti ha rilasciato una lunga intervista a Sky, toccando numerosi argomenti:

Come impegni il tempo a casa?
Diciamo che la giornata è lunga, ma per fortuna ho una famiglia che mi sostiene e i bambini da seguire sempre. Tra compiti, giochi e palestra il tempo passa così.

C’è qualche film che rivedresti? Vedi tanta tv in questo momento?
In questi venti giorni abbiamo quasi scaricato Netflix. La sera è l’unica cosa che facciamo. Da questa settimana inizia La Casa di Carta e siamo in prima linea.

Sull’iniziativa con il Campioni del Mondo del 2006
Nessuno si sarebbe aspettato di essere in questa condizione. Con Dash abbiamo fatto un’iniziativa per lo Spallanzani acquistando 15 macchinari e raccogliendo quasi 350 mila euro che cercheremo di dividere nel migliore dei modi comprando macchinari che possano salvare dai piccoli ai grandi. Con la squadra Campione del Mondo 2006, invece, abbiamo lanciato questa iniziativa con la Croce Rossa italiana con la quale abbiamo ottenuto una bella somma e cercheremo di acquistare ambulanze.

Messaggio di Marcello Lippi: Francesco ti ricordi di me? Dopo il tuo infortunio abbiamo iniziato a costruire la nostra grande impresa. Volevo salutarti e il calcio ti aspetta
Il 19 febbraio ci fu un infortunio abbastanza serio e la sera stessa Mariani mi operò perché si era rotto il perone insieme ai legamenti. E’ stato un intervento duro e in testa mi è passata qualunque cosa. Ero sicuro di non poter andare ai Mondiali. La sera stessa, invece, Mariani mi disse di aver fatto tutto e che ora sarebbe spettata a me. Era sicuro che potessi far parte della spedizione. Poi fortunatamente il giorno dopo ci fu questa sorpresa dove ho visto la volontà e l’amore che mi ha trasmesso Lippi parlandomi. Mi si è capovolto tutto. Mi ha dato la forza di poter uscire da quel brutto tunnel. Fortunatamente con la voglia di partecipare a quel Mondiale perché sapevo che sarebbe stato l’ultimo. Mister e compagni mi hanno dato la forza di partecipare e di vincere la cosa più importante che si può portare a casa.

Perché hai lasciato così presto la Nazionale visto che hai giocato fino a 40 anni?
E’ stata una decisione presa prima dell’infortunio. Ogni anno facevo 40-50 partite e avevo un problema alla schiena. Dovevo mettere qualcosa da parte e non poteva essere la Roma. La scelta più brutta era lasciare la Nazionale. La Roma è stata tutto e fortuntamente sono riuscito a chiudere l’Italia vincendo la Coppa del Mondo”.

Messaggio di Del Piero: Come vedeva la figura mia e della Juventus negli in cui giocavamo?
Parlare di Alessandro è riduttivo. Ci hanno sempre messo di fronte a un dualismo. Ci hanno provato sempre a metterci contro, ma avendo due caratteri quasi simili siamo riusciti ad unirci di più. Quando uno dei due non giocava, l’altro cercava di dargli sostegno perché poi le decisioni del mister andavano rispettate. Nel mio libro delle barzellette avevo pensato di girarlo con tutti i compagni della Nazionale e non solo con Alessandro siamo stati da dopo cena fino a notte a girare 4-5 barzellette perché ridevamo di continuo. Nessuno può cambiare il nostro rapporto.

Tu avresti chiuso con un’altra maglia se ci fosse stata l’opportunità come De Rossi?
Rispetto quello che ha fatto Daniele. Ognuno fa le sue scelte di vita. Io delle opportunità a fine carriera le ho avute: all’estero e anche in Italia. Ero dubbioso. Sinceramente io volevo continuare perché sentivo di poter dare qualcosa. Alla fine un anno o due non mi cambiava niente e siccome la mia scelta di vita è stata indossare un’unica maglia, giocare un anno o due da un’altra parte avrebbe cambiato tutto.

Chi ti ha chiamato?
La Sampdoria mi voleva a tutti i costi. Ferrero ha un debole per me, avrebbe fatto di tutto per portarmi lì.

La Samp ti voleva anche all’inizio della carriera
Se non ci fosse stato il torneo Città di Roma con Ajax e ‘Gladbach io la settimana dopo sarei andato alla Samp. Il mister non mi vedeva bene ma quella serata cambiò tutto. Fortunatamente sono riuscito a rimanere in questa splendida città. Chi lo sa dove sarei andato.

Se non avessi fatto il calciatore che altro sport avresti fatto?
Qualsiasi sport, sono portato in quasi tutto. Ora con il padel mi trovo bene, ma visto che prima non c’era avrei giocato a tennis. Sennò avrei fatto il benzinaio, mi è sempre piaciuto l’odore della benzina. Anche oggi quando vado, ci metto sempre qualche minuto in più (ride, ndr).

Cosa ti lega con Roger Federer?
Stiamo parlando del Tennis. E’ un mio amico e spesso ci sentiamo per messaggi. Lui non parla italiano e io inglese, quindi con translate è tutto più semplice. E’ un rapporto basato sulla lontananza. Lui è sempre in giro per il mondo e io prima giocavo quindi era difficile vedersi. Alla fine c’è stima reciproca. E’ un personaggio nel quale mi identifico. Ogni volta che fa punto è come se fosse la normalità, come quando io facevo un passaggio di prima. Lo reputo il Tennis in tutto e per tutto. E’ un personaggio esemplare, positivo e bello da vedere. Racchiude tutto nel suo nome, poi un giorno lo sfiderò a padel.

Avevi il poster in camera di un numero dieci?
Sì, nella mia cameretta avevo quello di Giannini. Poi quando sono cresciuto l’ho staccato.

Messaggio di Giannini: saluto Francesco con il quale mi lega non solo un numero, ma quel pezzo di stoffa che avevamo legato al braccio. Quando vuoi possiamo sfidarci a tennis che a padel sei imbattibile
Accetto volentieri la sfida e lo ringrazio perché quando avevo 16 lui e il padre mi hanno dato tanti consigli e insegnato tanto. Mi hanno fatto capire cosa fosse il calcio professionista. Sono stato fortunato ad avere queste due belle persone vicino. Quel pezzetto di stoffa è totalmente diverso da tutto il resto. Per noi romani significa tanto perché vuol dire portare in alto i colori ella Roma. Esserne capitano è un vanto e un sogno che tutti i bambini vorrebbero realizzare e noi due ci siamo riusciti.

Cosa dopo il ritiro ti è rimasto dentro del giorno del tuo addio?
Rispondo con le lacrime ancora. Sono passati tre anni, ma è come se non fossero passati veramente. Spesso riguardo quella giornata che per me è indimenticabile. E’ un racchiudersi di tutto il mio mio amore per questa squadra, questi colori e questi tifosi. Quello che ho passato io non lo avrà passato nessun altro. Speravo quel giorno non arrivasse mai, ma c’è un inizio e una fine per tutti. Durante la passerella alcune persone neanche le avrei salutate, ma per quello che c’era intorno era giusto essere una persona seria e coerente: mettere da paa rte tutto. E’ stata una giornata bella e brutta allo stesso tempo. Brutto perché smettevo di giocare, bello perché non pensavo che la gente potesse arrivare a piangere come se non vedesse più una persona alla quale era legata. Ringrazierò questa gente per sempre perché mi hanno dato tanto e io ho cercato di contracambiare sul rettangolo verde. Davo sempre qualcosa in più per far contento questo popolo, questa gente che per la Roma farebbe qualsiasi cosa. So cosa significa essere romani e romanisti, cosa significa vedere la squadra dalla Curva e dalla tribuna. I romani sono questi e ne sono fiero.

Sky sta facendo un sondaggio: Qual è la partita che vorresti rivedere tra Roma-Parma del 2001, Inter-Roma con il tuo gran gol, Roma-Juventus 4-0 e il 5-1 nel derby?
Inter-Roma è uno dei gol più belli della mia carriera se non il più bello. Roma-Juventus è un secondo derby, perché c’è sempre stata rivalità e facemmo una partita stratosferica. Nel 5-1 contro la Lazio ci fu la dedica ad Ilary con “sei unica”. Roma-Parma è il sogno di tutti i romanisti, dovevamo vincere. Scelgo Roma-Parma.

Messaggio da Pizarro: quale gol ti piace di più tra quello con la Samp e quello con l’Inter?
Il Pec è un figlio di una buona donna. E’ un simpaticone e che fa scherzi tutti i giorni, però è anche un bel permaloso. Tra quei due gol è una bella lotta.

Messaggio da Bergomi: quanto ti piaceva giocare a San Siro?
Ringrazio Bergomi per le belle parole. San Siro è la Scala del calcio. Dopo l’Olimpico è lo stadio più importante, più significativo. Lì per fortuna tra Inter e Milan ho fatto tantissimi gol e prestazioni ad altissimo livello. Mi dava la forza di dare qualcosa in più. Anche loro erano abituati a vedere dei fenomeni perciò era uno stadio particolare. Ti veniva voglia di giocarci e di dare il massimo.

Cosa è successo poi con Spalletti?
Leggendo il libro si sa come finisce (ride, ndr). Sono stati due personaggi diversi. Il primo Spalletti era top perché era come un secondo padre, una persona con cui stavo quasi sempre. Il secondo Spalletti avrà avuto le sue ragioni o qualche idea da qualche altra persone. Non dico che mi ha voluto mettere il bastone tra le ruote, ma qualcosa non è andato. Ho cercato di tenere sempre la testa alta e ho cercato di fare del mio meglio nonostante fossi in difficoltà.

Dopo aver segnato in rovesciata al derby cosa hai pensato?
Era un derby ormai perso. Il primo tempo eravamo sotto 2-0 e nel secondo tempo siamo entrati con un’altra cattiveria. Diciamo che mi sono trovato al posto giusto e nel momento giusto in entrambi i gol. Il secondo è stato molto difficile perché a quell’età fare un balzo del genere non era facile, ma non ci ho pensato in quel momento.

Qual è stato il giocatore della Lazio con il quale hai avuto più rivalità?
Con Simone Inzaghi ho un grande rapporto. C’è rispetto reciproco e abbiamo fatto il percorso insieme in Nazionale. In questo momento è tra gli allenatori più forti in A e sta facendo grandi cose. La rivalità, invece, è sempre stata con Nesta nonostante un rapporto ottimo fuori dal campo.

Sulla possiibilità che la Lazio di Inzaghi vinca lo Scudetto
Sarei stato contento se allenasse un’altra squadra. Da tifoso romanista spero si fermino il prima possibile. Sono quelle annate dove ti dice tutto bene. In questo momento non gli si può dire nulla. Spero ci possa essere un black out il prima possibile.

Messaggio di Marcheggiani: il dieci è un numero particolare e in questo momento in Italia ci sono tanti centrocampisti di livello, ma nessuno con le carattestiche tue o di Del Piero
Luca per me è una persona eccezionale. Mi è sempre piaciuto da quando era il portiere della Lazio. Poi l’ho conosciuto meglio e lo frequento di più. Del Piero ha lasciato il segno e va rivisto nelle scuole calcio. Trovare un altro numero dieci come noi non sarà facile perché ognuno ha le sue caratteristiche e il suo modo di giocare e la sua istintività. Bisogna puntare alle vecchie origini e puntare molto sui settori giovanili e non cercare all’estero i nomi stranieri. Bisogna tornare a puntare sui giovani, così avremo più possibilità di trovarei i vari Totti e Del Piero.

Hai già individuato qualche giovane interessante nella tua nuova attività?
Stavo partendo con questa società di scouting, ma poi con il Coronavirus ci siamo fermati. La mia volontà è di trovare un altro Totti o giocatori di questo spessore. Cercherò in tutto il mondo e spero di trovarne. Cercherò di farli crescere nel migliore dei modi. Qualche giovane l’ho preso e lo farò crescere come sono stato cresciuto io: con un percorso diverso da tutti gli altri. Riuscirò a trovarlo. Se mi pongo un obiettivo cerco di arrivarci.

Che idea ti sei fatto di Fonseca? Ti sarebbe piaciuto lavorare con lui?
La Roma in questo momento ha alti e bassi. Siamo abituati a questi problemi. Fonseca per me è un grandissimo allenatore che sta capendo il calcio italiano e la città di Roma. Sta capendo molte cose. E’ una persona di cui mi parlano tutti bene, in primis i giocatori. Con alcuni innesti possiamo fare un grande campionato il prossimo anno. Noi? Io rimarrò sempre della Roma, il mio cuore sarà sempre dentro Trigoria.

 

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Nel podcast tematico sulla Serie A questa settimana abbiamo parlato dei nuovi acquisti dell’Inter: Young, Moses ed Eriksen, tutti e tre provenienti da squadre di Premier League, dunque un calciomercato simile a quello fatto dal duo Marotta-Ausilio già in estate. L’Inter di Conte ora ha tre nuove frecce nella propria faretra, ma cosa possono dare i nuovi arrivati ai nerazzurri? Corsa, dinamismo, tecnica ed esperienza sicuramente, ma basteranno per arrivare alla vittoria del tricolore?

 




Totti ricorda l’esordio con la Roma: “27 anni d’amore”

Ventisette anni fa Francesco Totti faceva il suo esordio con la maglia della Roma. Nella gara contro il Brescia del 28 marzo 1993, il “Bimbo de Oro” vestiva per la prima volta in Serie A la maglia giallorossa. Un momento storico per il club capitolino e per il nostro campionato che lo stesso Francesco Totti ha voluto ricordare con un post speciale sul proprio profilo Instagram: “Sono passati 27 anni d’amore, di passione, di fedeltà e soprattutto la fortuna di aver indossato l’unica maglia che ho amato veramente…un amore che non avrà mai fine”Un esordio davvero unico, considerando che Totti non si era mai nemmeno allenato con la prima squadra fino a quel momento: il tecnico giallorosso Vujadin Boskov era stato quasi costretto ad aggregarlo alla lista dei convocati, visto l’infortunio in extremis di Hassler. Totti fece il suo ingresso in campo con la Roma avanti saldamente per 2 a 0, subentrando a un altro giocatore che ha lasciato il segno nella storia del club romano come Ruggiero Rizzitelli. Soltanto il giorno prima, il sedicenne Francesco Totti aveva giocato da sotto età con la Primavera, segnando una doppietta.

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