Speciale Russia 2018: Serbia, il condottiero è Milinkovic

Speciale Russia 2018 è la nuova rubrica targata RadioGoal24 che andrà ad esplorare tutte e 32 le squadre che parteciperanno alla più famosa ed importante competizione calcistica mondiale. Percorreremo, giorno per giorno, la storia, le statistiche e le curiosità di ogni singola formazione del torneo. Vi ricordiamo che potrete seguire la diretta streaming con radiocronaca di tutte le partite sulla nostra sezione Radio, con approfondimenti radiofonici dedicati e molto altro ancora nel nostro flusso dedicato.  Questa volta è il turno della Serbia mentre questa mattina è stata analizzata la Costa Rica.

Il cammino verso il mondiale

La Serbia, inserita nel girone con Brasile, Svizzera e Costa Rica, ha iniziato il suo cammino verso la Russia con il due a due contro l’Irlanda; pareggio ottenuto grazie alle reti di Kostic e Tadic. Le prime vittorie arrivano nel mese di ottobre quando i ragazzi di Muslin (sarà esonerato per non aver mai preso in considerazione Milinkovic-Savic) ottengono sei punti contro Moldavia e Austria. Nella quarta e sesta giornata la nazionale serba affronta il Galles e, in entrambe le occasioni, è Mitrovic a recuperare la rete di svantaggio portando punti preziosi alla sua nazionale. La svolta, per Kolarov e compagni, avviene il 05 settembre con la vittoria in casa dell’Irlanda, diretta concorrente per la conquista del primo posto. Il successo, firmato proprio dal difensore della Roma, sembra poter chiudere il discorso qualificazione ma la sconfitta in Austria rimette tutto in discussione. La Serbia, per andare in Russia senza passare dai preliminari, è obbligata a battere la Georgia; la rete, firmata da Prijovic, manda in delirio un popolo intero. L’unico a non essere felice è Muslin, esonerato per “colpa” di Milinkovic-Savic.

1) Serbia: la Squadra

La Serbia, al Mondiale di Russia, si dovrebbe presentare con il 4-3-3 (modulo che sembra perfetto per esaltare e caratteristiche dei giocatori). Tra i pali ci sarà Stojkovic, estremo difensore del Partizan Belgrado mentre la linea difensiva vedrà la presenza di Kolarov, autore di una stagione strepitosa con la Roma, e Rukavina sulle fasce; al centro insieme ad Ivanovic, esperto difensore in forza allo Zenit, uno tra Spajic e Tosic. Il cervello della nazionale sarà Luka Milivojević; il centrocampista del Crystal Palace avrà il compito di far partire tutte le azioni offensive serbe. Al suo fianco spazio a due giocatori di altissimo profilo: stiamo parlando di Matic e Milinkovic-Savic. Al primo sarà affidato un compito di interdizione mentre il secondo sarà libero di inserirsi in area avversaria ed aiutare il reparto offensivo in zona goal. L’attacco può contare sulla fantasia di Ljajic (l’uomo che dovrà accendere la scintilla), la fisicità di Mitrovic e le reti di uno tra Radonjić e Prijovic. Occhio anche ai sostituti, uno su tutti Tadic; il giocatore del Southampton, a partita in corso, può essere un’arma importante per la Serbia.

1.1) L’allenatore: Mladen Krstajić

Il Mondiale 2018 sarà il primo vero appuntamento da allenatore per Mladen Krstajić, diventato commissario tecnico della Serbia dopo l’esonero Muslin. L’attuale tecnico della nazionale serba si è fatto conoscere, fino a questo momento, per le vicende da calciatore. Il difensore, nato a Zenica nel 1994, è stato costretto a trasferirsi nel 1992 in Serbia per via dell guerra civile in Bosnia-Erzegovina. Superato questo momento di difficoltà va a giocare con il Partizan ma la vera fortuna la incontra in Germania con la maglia del Werder prima e quella dello Schalke poi. In nove anni di Germania realizza le bellezza di 28 goal (non pochi per un difensore). Nel 2009 torna al Partizan con cui vince due campionati e due coppe di Serbia. Tra i ricordi più belli di Krstajić giocatore vi è quello di aver fatto parte della Nazionale serba che, nel percorso di qualificazione verso Germania 2006, subì una sola rete. Ora il Mondiale da commissario tecnico con il compito, non semplice, di passare un girone in cui Brasile e Svizzera sono le grandi favorite.

1.2) La stella: Sergej Milinkovic-Savic

E’ curioso come la stella della nazionale serba sia un giocatore che, nel corso delle qualificazioni Mondiali, non è mai stato preso in considerazione. Stiamo parlando di Milinkovic-Savic, centrocampista della Lazio cercato da mezza Europa; i motivi per cui il Sergente (soprannome datogli dai tifosi biancocelesti) non rientrasse nei piani di Muslin sono a noi sconosciuti considerando anche l’ottimo rendimento avuto con la maglia della Lazio. Milinkovic è uno di quei giocatori che è sempre meglio avere dalla tua parte. Forte fisicamente, abile negli inserimenti e con una tecnica niente male Savic è in grado di dominare e decidere le partite in ogni momento. Una delle caratteristiche principali del centrocampista è il colpo di testa; fondamentale grazie al quale potrebbe portare punti preziosi alla Serbia. Krstajić, per tentare il miracolo in un girone quasi impossibile, si affiderà al suo giocatore più importante. Quel Milinkovic-Savic rimasto a guardare le qualificazioni da casa.

2) Serbia: la storia

La Serbia, nei primi periodi della sua storia (esattamente dal 1902 al 1992), era rappresentata dalla nazionale di calcio della Jugoslavia. Nel 1992 venne fondata la nuova nazionale di calcio della Jugoslavia che però non disputò una gara ufficiale fino al 23 dicembre del 1994 quando venne sconfitta dal Brasile per 2-0; la Jugoslavia non partecipò alle qualificazioni per i Mondiali del 1994 e per gli europei del 1996 a causa di sanzioni inflitte dalla FIFA per i conflitti bellici nei balcani. Una prima svolta si ebbe nel 2002 quando il Parlamento federale di Belgrado trovò un accordo per attenuare i legami tra Serbia e Montenegro; lo Stato si trasformò da federazione a confederazione e cambiò nome in Unione Statale di Serbia e Montenegro. Questo portò dei cambiamenti anche nel calcio con la nazionale che divenne nazionale di calcio di Serbia e Montenegro. Il secondo e definitivo cambiamento avvenne il 21 maggio 2006 quando, con un referendum, il Montenegro si dichiara indipendente dalla Serbia; nonostante ciò, però, si decise di formare un’unica nazionale per partecipare al Mondiale del 2006 (competizione terminata al primo turno). La separazione ufficiale ci fu il 28 giugno dello stesso anno  e la nazionale serba esordisce il 18 agosto dello stesso anno nell’amichevole, vinta, con la Repubblica Ceca. Da allora le soddisfazione per la nazionale sono la qualificazione ai Mondiali 2006, 2010 e appunto 2018.




Speciale Russia 2018: Inghilterra, il mondiale dei tre leoni

Speciale Russia 2018 è la nuova rubrica targata RadioGoal24 che andrà ad esplorare tutte e 32 le squadre che parteciperanno alla più famosa ed importante competizione calcistica mondiale. Percorreremo, giorno per giorno, la storia, le statistiche e le curiosità di ogni singola formazione del torneo. Vi ricordiamo che potrete seguire la diretta streaming con radiocronaca di tutte le partite sulla nostra sezione Radio, con approfondimenti radiofonici dedicati e molto altro ancora nel nostro flusso dedicato. Questa volta è il turno dell’Inghilterra, che nel gruppo G dovrà vedersela con Belgio, Tunisia e Panama.

Il cammino verso il mondiale

Il percorso intrapreso dall’Inghilterra per arrivare al Mondiale in Russia iniziò il 4 settembre 2016, quando venne sorteggiata nel girone F insieme a Slovacchia, Scozia, Slovenia, Lituania e Malta. Le prime due gare del girone di andata terminarono con la vittoria degli inglesi per 0-1 e 2-0, rispettivamente contro Slovacchia e Malta. Alla terza giornata con la Slovenia e alla sesta contro la Scozia, le due partite terminarono con un pareggio, gli unici due risultati meno buoni dell’intero girone disputato dall’Inghilterra. Infatti tra le altre gare del girone di andata e tutto quello di ritorno, gli inglesi riuscirono ad ottenere sempre delle vittorie, classificandosi come primi (26 punti), con otto punti di vantaggio su Slovacchia e Scozia a pari punti (18 punti). Staccato quindi il pass per la Russia, l’Inghilterra vivrà da protagonista il mondiale.

1) La squadra

Tra i 23 convocati per la spedizione in Russia, figurano i nomi di molti talenti della Premier League e di giocatori meno giovani ma con molta esperienza, che sapranno dare il giusto equilibrio ad una rosa giovane, ma di livello. Tra i pali giocherà uno tra Pickford dell’Everton e Butland dello Stoke City: i due classe ’94 e ’93 ha disputato una discreta stagione, guadagnando la fiducia del CT Southgate. In difesa vedremo sulle fasce gli esperti terzini Rose e Walker, ai quali subentreranno Trippier del Tottenham a destra, o l’esperto Young del Manchester United per la fascia sinistra. I centrali saranno Dier e Stones, due giovani che prenderanno in mano le chiavi della difesa. In mezzo al campo ci sarà spazio per il talento esplosivo di Dele Alli e di Jesse Lingard. A completare il centrocampo titolare ci sarà l’esperto centrocampista del Liverpool, Henderson. Alle spalle delle due punte che saranno senza dubbio Kane e Vardy, ci sarà sicuramente Sterling del Manchester City, che potrebbe alternarsi sulla trequarti con Alli, chiamando in causa per il centrocampo accanto ad Henderson, Maguire. In panchina ci saranno giovani talenti come Alexander-Arnold del Liverpool e Rashford del Manchester United, che saranno pronti a dare il massimo quando verranno chiamati in causa.

1.1) L’allenatore: Gareth Southgate

Il commissario tecnico della nazionale inglese, che guiderà la squadra al prossimo Mondiale, è Gareth Southgate. Ritiratosi dal calcio giocato nel 2006, è stato un difensore con buone doti di finalizzazione. Nella sua carriera calcistica vestì le maglie del Crystal Palace dal 1989 al 1995, segnando ben 15 gol e vincendo la Full Members Cup; dopodiché si trasferì all’Aston Villa fino al 2001, dove segnò 7 gol e vinse una Coppa di Lega ed infine, indossò la maglia del Middlesbrough con la quale chiuse la sua carriera da giocatore, vincendo anche con questo club la Coppa di Lega. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo venne assunto dalla stessa squadra come allenatore, guidandola per tre stagioni, fino al 2009. Dal 2013 al 2016, provò l’esperienza di guidare una nazionale, la selezione under 21 dell’Inghilterra. Dal 2016 in poi, è arrivata la chiamata dalla nazionale maggiore, con la quale ha contribuito a qualificarsi al Mondiale 2018 in Russia.

1.2) La stella: Harry Kane

Harry Kane è sicuramente la stella, nonché il capitano della nazionale inglese. L’attaccante in forza al Tottenham è un giocatore di grandissima qualità: dotato di incredibile potenza e precisione nel tiro, è molto abile con entrambi i piedi e micidiale sotto porta anche di testa. L’attaccante ha iniziato la sua carriera al Tottenham, ma prima di esplodere nella squadra londinese, fu ceduto in prestito a varie squadre, per farsi le ossa nelle leghe minori. Tornato alla corte degli Spurs, ha da subito impressionato con il suo talento esplosivo. Nelle sue prime stagioni da titolare in Premier League, dimostrò di saper segnare facilmente con entrambi i piedi, sia da fuori area, che da dentro. Nelle stagioni 2015/2016 e 2016/2017, ha vinto la classifica marcatori in Premier League, segnando prima 25 gol e poi 29. Con la maglia del Tottenham ha siglato in 148 gare, 108 reti: un media gol veramente da fuoriclasse. In chiave nazionale la media rimane sempre molto alta, infatti dal 2015, anno in cui ha debuttato in nazionale maggiore, è riuscito a realizzare 13 gol in 24 partite disputate. Il talento di questo giocatore è sicuramente una certezza, e saprà regalare durante il Mondiale a tutti gli amanti di calcio, prestazioni e gol, alle quali solo lui ci ha abituati.

2) La storia

Fondata nel 1863, la nazionale inglese giocò la sua prima partita ufficiale 10 anni dopo, terminata in pareggio tra due compagini britanniche. Fino al 1950 non partecipò a nessun torneo internazionale, ed il primo al quale vi partecipò fu proprio in quell’anno nel Mondiale che si giocò in Brasile. Uscita nella prima fase del torneo, si riqualificò per le successive edizioni, arrivando alla vittoria del campionato del mondo, nel Mondiale del 1966 in Inghilterra. Questa fu però la prima ed ultima vittoria della Coppa del Mondo, finora, poiché nell’arco della sua storia, non è andata oltre il quarto posto ottenuto a Italia ’90. Nel 1968 si qualificò per la prima volta all’Europeo, che venne disputato in Italia. In quella edizione ottenne il miglior risultato della competizione continentale, con la conquista del terzo posto. L’altro miglior risultato ottenuto fu nell’europeo disputato in casa nel 1996, al quale arrivò in semifinale. La nazionale inglese, quindi, ha vinto un solo Mondiale, ma non è ancora riuscita a conquistare la vittoria dell’Europeo.
Quest’anno però nell’edizione di Russia 2018, la rosa sembra essere di maggiore talento in tutte le parti del campo. Ecco perché in questa occasione, l’Inghilterra punterà assolutamente ad ottenere il miglior risultato possibile, cercando di ripetere l’impresa e la vittoria del 1966.




Speciale Russia 2018: Giappone, i Samurai alla conquista del mondo

Speciale Russia 2018 è la nuova rubrica targata RadioGoal24 che andrà ad esplorare tutte e 32 le squadre che parteciperanno alla più famosa ed importante competizione calcistica mondiale. Percorreremo, giorno per giorno, la storia, le statistiche e le curiosità di ogni singola formazione del torneo. Vi ricordiamo che potrete seguire la diretta streaming con radiocronaca di tutte le partite sulla nostra sezione Radio, con approfondimenti radiofonici dedicati e molto altro ancora nel nostro flusso dedicato. Questa volta è il turno del Giappone, che nel gruppo H dovranno vedersela con Colombia, Senegal e Polonia.

Il cammino verso il mondiale

Il cammino del Giappone verso il Mondiale in Russia è stato molto positivo, tanto che la seconda fase del girone F delle qualificazioni asiatiche si è conclusa con l’ottenimento di 7 vittorie e 1 pareggio, in cui sono arrivati 27 goal segnati e zero subiti. Leggermente più complicata è stata invece la fase del girone B, ovvero quella conclusiva, poiché intaccata dalla sconfitta iniziale contro gli Emirati Arabi, che ha obbligato la squadra allenata da Akira Nishino ad alzare l’asticella dal punto di vista qualitativo. Alla fine del girone, comunque, i Blue Samurai hanno racimolato 6 vittorie, 2 pareggi e 2 sconfitte, classificandosi al primo posto e mettendosi alle spalle squadre come l’Arabia Saudita, l’Australia, gli Emirati Arabi, l’Iraq e la Thailandia.

1) La squadra

La nazionale giapponese dovrebbe presentarsi al Mondiale in Russia con il classico 4-2-3-1, in cui a difendere i pali ci sarà Eiji Kawashima, portiere che milita in Ligue 1 con il Metz. Venendo alla difesa, questa vanta uomini di esperienza come Hiroki Sakai, Ueda, Yoshida e una nostra ex conoscenza quale Yuto Nagatomo, trasferitosi al Galatasaray dopo l’esperienza all’Inter. Anche la mediana di centrocampo presenta giocatori di spessore, di cui il trascinatore è sicuramente il capitano Makoto Hasebe, anima carismatica della propria nazionale che gioca in Bundesliga, nel Francoforte; a completare il reparto ci sarà invece Shinji Kagawa, talento del Borussia Dortmund ed ex Manchestr United. La zona della trequarti vedrà invece il terzetto formato da Haraguchi, Shibasaki e Keisuke Honda, ex giocatore del Milan e attualmente tra le fila del Pachuca, in Messico. Per concludere con l’attacco, l’unica punta sarà Shinji Okazaki, attaccante del Leicester City che quest’anno ha realizzato 7 goal e 4 assist in 32 presenze totali.

1.1) L’allenatore: Akira Nishino

Akira Nishino è stato promosso commissario tecnico del Giappone a due mesi dall’inizio del Mondiale, sostituendo il posto dell’ex CT Halilhodzic e dopo aver ricoperto a lungo la carica di direttore tecnico della Federcalcio giapponese. Nella sua carriera da allenatore ha diretto la nazionale Under 20 e Under 23, vincendo con quest’ultima la medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 1996. Squadre di club che invece ha allenato sono il Kashiwa Reysol (con cui ha vinto la Coppa J.League nel 1999), il Gamba Osaka (con cui ha vinto campionato nel 2005, AFC Champions League nel 2008 e ottenuto un terzo posto al Mondiale per club), il Vissel Kobe nel 2012 (nel quale però non ha fatto benissimo, venendo esonerato nel 2014) e il Nagoya Grampus fino al 2015. 

1.2) La stella: Makoto Hasebe

Come già scritto nel paragrafo relativo alla squadra, Makoto Hasebe è la vera anima trascinatrice di questo Giappone. Cresciuto tra le fila del Fujieda Higashi HS tra il 2002 e il 2007, il capitano nipponico si è trasferito prima nell’Urawa Reds Diamonds e, successivamente, come altri suoi colleghi giapponesi, in Germania, dove ha vinto la Bundesliga nel 2009 con il Wolfsburg e la Coppa di Germania a maggio 2018 con il Francoforte. La sua figura racchiude tutta l’esperienza e la determinazione necessaria per affrontare al meglio questa importante manifestazione, quale quella della Coppa del Mondo, e lo sottolineano le 110 presenze collezionate con la propria nazionale, che nel 2011 ha guidato verso la vittoria della quarta Coppa d’Asia.

2) La storia

Prima della nascita della J. League nel 1992, in Giappone il calcio non era praticato a livello professionistico e a dirla tutta non era nemmeno tanto seguito; tuttavia la prima partita ufficiale è stata giocata il 9 maggio del 1917, in cui è arrivata però la sonora sconfitta per 5-0 contro la Cina. Negli anni tra il 1954 e il 1990 ci sono state invece moltissime mancate qualificazioni tra Mondiali, Coppa d’Asia e Olimpiadi, in cui la squadra nipponica non è riuscita a qualificarsi alle fasi finali dei rispettivi tornei davvero per un nonnulla. La svolta ovviamente è arrivata nel 1992, quando in Giappone è stato creato il primo campionato per professionisti (la J League appunto), che ha permesso la crescita di un gran numero di talenti, i quali avrebbero permesso alla nazionale dei Blue Samurai di assumere maggiore competitività a livello internazionale. Proprio in quello stesso anno, infatti, la squadra allenata da Hans Ooft è riuscita a vincere la sua prima Coppa d’Asia, battendo in finale l’Arabia Saudita con il risultato di 1-0. Quattro anni più tardi, precisamente nel Mondiale USA del 1994, il Giappone non ha c’entrato nuovamente la qualificazione alla competizione iridata, salvo poi riuscirci nel 1998, sotto la guida del CT Takeshi Okada. In quell’occasione la nazionale giapponese ha perso tutte e tre le partite contro Argentina, Croazia e Giamaica, ma come non citare una vecchia stella di quella formazione, Hidetoshi Nakata, ex giocatore di Perugia, Roma, Parma, Bologna e Fiorentina. Nel 2000 e nel 2006 è arrivata la vittoria della seconda e della terza Coppa d’Asia (tutto nel giro di 14 anni), ma è anche seguito l’ultimo posto nel girone F dei Mondiali del 2006. Da quel momento in poi è iniziato un periodo altalenante per il Giappone, che non è riuscito a mantenere lo stesso dominio in terra orientale che lo aveva contraddistinto negli ultimi anni. Il 30 agosto del 2010, però, Alberto Zaccheroni è stato nominato nuovo commissario tecnico, ed ha portato nel 2001 Hasebe e compagni ad aggiudicarsi la quarta coppa asiatica in finale contro l’Australia. Nel 2013 e nel 2014 l’ex allenatore di Milan e Juventus è inoltre riuscito a far qualificare la nazionale giapponese ai rispettivi Mondiali, ma proprio la disastrosa Coppa del Mondo brasiliana gli è costata caro (1 solo pareggio e 2 sconfitte), costringendolo alle dimissioni.

 

 

 

 

 

 




Speciale Russia 2018: Svezia, la prima volta senza Ibrahimovic

Speciale Russia 2018 è la nuova rubrica targata RadioGoal24 che andrà ad esplorare tutte e 32 le squadre che parteciperanno alla più famosa ed importante competizione calcistica mondiale. Percorreremo, giorno per giorno, la storia, le statistiche e le curiosità di ogni singola formazione del torneo. Vi ricordiamo che potrete seguire la diretta streaming con radiocronaca di tutte le partite sulla nostra sezione Radio, con approfondimenti radiofonici dedicati e molto altro ancora nel nostro flusso dedicato. Questa volta è il turno della Svezia, che nel gruppo F dovrà vedersela con Germania, Messico e Corea del Sud.

Il cammino verso il mondiale

Disputando un buon girone di qualificazione e arrivando a pari punti con l’Olanda, la Svezia è riuscita a chiudere al secondo posto per una maggiore differenza reti e a strappare il pass per la sua 12esima partecipazione alla Coppa del Mondo. La squadra allenata da Jan Anderson si è piazzata quattro punti dietro la Francia (capolista finale del girone), e seppur a Solna aveva ottenuto una vittoria importante proprio contro i francesi, le sconfitte con Bulgaria e Olanda l’hanno fatta scivolare alla seconda posizione. Forsberg e compagni sono stati quindi costretti a giocarsi il doppio spareggio contro l’Italia: a Stoccolma i gialloblu si sono imposti per 1-0 grazie al goal di Johannson, mentre al ritorno, tramite l’ausilio del miglior catenaccio, si sono portati a casa un importante 0-0 in quel di San Siro, che ha spedito gli azzurri fuori dal Mondiale dopo 60 anni.

1) La squadra

Durante le partite di qualificazione, la nazionale svedese si è spesso affidata ad un classico 4-4-2, e in vista del Mondiale non dovrebbe cambiare molto dal punto di vista tattico. In porta ci sarà Olsen, che ha fatto decisamente bene nel doppio match contro l’Italia, togliendo più volte la sua squadra dai guai. La coppia centrale della difesa sarà invece affidata alla spregiudicatezza di Lindelof e all’esperienza di Granqvist: il primo è una giovane promessa e gioca nel Manchester United, mentre il secondo è una vecchia conoscenza della Serie A (ex Genoa), che l’anno prossimo si trasferirà nel Helsigborg. Sulle corsie laterali agiranno il terzino destro del Celtic, Mikael Lustig, e il terzino sinistro del Werder Brema, Hans Augustinsson. Per quanto riguarda il centrocampo, la Svezia può contare su un quartetto davvero niente male: la stella indiscussa è sicuramente Emil Forsberg, ma anche Claesson, Larsson e l’ex juventino Albin Ekdal possono dare il loro importante contributo. Infine le speranze dell’attacco riverseranno su Ola Toivonen del Tolosa e sull’ex Amburgo e PSV Eindhoven, Marcus Berg.

1.1) L’allenatore: Jan Anderson

Janne Olof Andersson, meglio conosciuto come Jan Andersson, è divenuto CT della nazionale svedese dopo Euro 2016. La sua carriera da allenatore è iniziata nel 1990, quando ha ricoperto il ruolo di vice tecnico per Stuart Baxter all’Halmstads (Svezia), mentre nel 2004 ha guidato da capo allenatore lo stesso club svedese, conducendolo al secondo posto nell’Allsvenskan, ovvero il massimo campionato di Svezia. Andersson è rimasto nell’Halmstads fino al 2009, per poi dimettersi a causa di un fallimentare 13esimo posto. Nel 2011 è stato invece chiamato sulla panchina del Norrköping, squadra con cui ha vinto gli unici titoli della sua carriera: campionato e Supercoppa di Svezia nel 2015. Il 6 aprile 2016 la Federazione calcistica svedese ha comunicato in maniera ufficiale che dopo gli Europei francesi del 2016 avrebbe sostituito Erik Hamrén come commissario tecnico.

1.2) La stella: Emil Forsberg

A seguito della non convocazione di Zlatan Ibrahimovic ai Mondiali, il giocatore dotato di maggior classe e talento nella Svezia è sicuramente Emil Forsberg. Il numero 10 dei Blågult (gialloblu) e del Lipsia è uno delle promesse più interessanti della Bundesliga: esterno sinistro molto bravo nell’uno contro uno, nel saper saltare l’uomo, ma soprattutto capace di realizzare molti assist utili per i compagni. In realtà nella stagione appena conclusa ne sono arrivati ben pochi (solo 4 per l’esattezza), ma i 22 realizzati nella stagione 2016-2017 rendono l’idea di come questo ragazzo classe ’91 sia determinante nell’economia di un match. Forsberg è inoltre dotato di una profonda visione di gioco e di un ottimo piede sui calci piazzati: insomma, un giocatore moderno, duttile e bravo tecnicamente, che può fare le fortune della sua nazionale in vista di questo Mondiale.

2) La storia

La Svezia ha giocato la sua prima partita internazionale contro la Norvegia nel lontano luglio del 1908, vincendo con un risonante 11-3. Trent’anni dopo, nel Mondiale del 1938 disputatosi in Francia, la nazionale gialloblu è riuscita ad arrivare fino in semifinale, dove è stata però battuta da una macchina da guerra come l’Ungheria, che si è aggiudicata quella sfida con un netto 5-1. L’epoca d’oro dei Blågult, tuttavia, è arrivato nel periodo compreso tra il 1948 ed il 1958, un decennio che ha regalato gioie ed emozioni all’intero popolo scandinavo. All’inizio di quegli anni, però, la Federcalcio svedese impediva ai propri calciatori di competere in maniera professionistica con la propria nazionale, pertanto nel Mondiale del 1950 è scesa in campo una formazione di dilettanti, che nonostante la poca esperienza è comunque riuscita a conquistare il terzo posto. Nel 1958, invece, Federazione svedese è tornata sui suoi passi, consentendo ai propri giocatori di gareggiare in maniera professionale nella nazionale maggiore. Quel campionato del Mondo, organizzato proprio dalla Svezia, è stato sicuramente uno dei più belli ed entusiasmanti per tutta la nazione, che ha visto la propria squadra prima battere la Germania dell’Ovest in semifinale per 3-1, e poi giocarsi la finale con il Brasile, persa però con un roboante 5-2. Negli ultimi anni l’ultima apparizione della Svezia ad una Coppa del Mondo risale al 2006, in cui la compagine allenata dal CT Lars Lagerback, dopo aver disputato un buon girone di qualificazione, è stata inserita nel gruppo con Inghilterra, Paraguay e Trininad e Tobago (rappresentativa nazionale delle isole caraibiche). Nel primo match è arrivato l’inaspettato pareggio proprio contro quest’ultimi, ma la successiva vittoria sui paraguaiani e il pareggio ottenuto con gli inglesi hanno permesso ad Ibrahimovic e compagni di arrivare a disputare gli ottavi di finale contro la Germania, persi però 2-0. Per quanto riguarda i sorteggi in Russia, l’urna è stata favorevole con gli scandinavi: sulla loro strada troveranno ancora una volta i tedeschi, l’unica squadra superiore, mentre Corea del Sud e Messico non dovrebbero creare grosse difficoltà alla formazione di Jan Andersson, pronta a superare il girone in maniera agevole.

 

 

 

 

 

 

 

 




Speciale Russia 2018: Panama, la cenerentola della competizione alla conquista della gloria

Speciale Russia 2018 è la nuova rubrica targata RadioGoal24 che andrà ad esplorare tutte e 32 le squadre che parteciperanno alla più famosa ed importante competizione calcistica mondiale. Percorreremo, giorno per giorno, la storia, le statistiche e le curiosità di ogni singola formazione del torneo. Vi ricordiamo che potrete seguire la diretta streaming con radiocronaca di tutte le partite sulla nostra sezione Radio, con approfondimenti radiofonici dedicati e molto altro ancora nel nostro flusso dedicato.  Questa volta è il turno del Panama, una delle squadre meno altisonanti dell’intero Mondiale, mentre questa mattina è stato il turno del Belgio.

Il cammino verso il Mondiale

Quello di Russia 2018 è il primo campionato mondiale della nazionale del Panama: la nazionale sudamericana, ricordiamolo, ha ottenuto l’accesso alla competizione tramite le qualificazioni della  zona CONCACAF,  che comprende le formazioni appartenenti al Nord e Centro America, più le isole Caraibiche. La Marea Roja ha avuto accesso direttamente al quarto turno, grazie all’agevole posizione nel Ranking FIFA: è stata immessa nel gruppo B insieme alla Costa Rica, ad Haiti e alla Giamaica. L’avventura però è iniziata con alcuni alti e bassi: nella prima giornata è arrivata infatti una vittoria contro la diretta concorrente, il Giamaica, grazie al goal di Cooper e all’auto-rete di Wes Morgan. Successivamente è arrivata una sconfitta contro la favorita Costa Rica ma sopratutto un brutto pareggio a reti bianche contro l’Haiti, che ha messo in allarme l’intero paese per la possibilità di non passare il turno. Nelle partite di ritorno, tuttavia, i panamensi sono stati in grado di assicurarsi il passaggio del turno vincendo sia con Haiti (1-0) che con la Giamaica (2-0). Indolore, infine, il 3 a 1 subito in casa del Costa Rica che ha permesso al Panama di superare il girone in seconda posizione a 10 punti. Il quinto turno, che ha compreso le prime due dei tre gironi del quarto, è invece iniziato molto bene: nelle prime due giornate sono infatti arrivati 4 punti, grazie alla vittoria contro l’Hounduras e al pareggio per 0 a 0 contro il ben più quotato Messico. E’ seguito un altro periodo piuttosto convincente, grazie ai 2 punti nelle successive 3 giornate contro squadre di tutto rispetto: alla brutta sconfitta con il Trinidad, ha risposta un bel 1 a 1 contro gli Stati Uniti ed un onorevole 0 a 0 contro il Costa Rica. La qualificazione è stata in bilico per tutto il tempo: all’ultima giornata, dopo due sconfitte (contro Messico e U.S.A) ed una vittoria netta contro la Trinidad per 3-0,  i Los Canaleros si sono presentati all’ultima giornata nello scontro diretto contro gli acerrimi rivali del Costa Rica: il Panama riuscito però a ribaltare il pronostico vincendo per 2 a 1, nonostante un netto goal irregolare, che ha lasciato dubbi e veleni in terra costaricana.

2)La Rosa:

Il Panama gioca con un classico 4-4-2, modulo che permette di sfruttare la moltitudine di terzino con abilità offensive che la Marea Roja a disposizione. In porta il titolare è Penedo, uno dei pochi calciatori della nazionale che milita in Europa, in particolare con la Dinamo Bucarest. La difesa è molto rocciosa, con la batteria dei terzini composta da Ovalle (il capitano) e Davis sulla sinistra, Machado e l’adattato Vargas sulla sinistra. Al centro il giocatore di riferimento è Escobar, giocatore dei NY Red Bulls, che viene di solito accompagnato da uno fra l’esperto Torres, Baloy (il più tecnico) ed il compagno di club Escobar. Il centrocampo è il reparto con maggiore qualità: a dettare il gioco ci pensa il numero 20 Godoy, che viene accompagnato da due calciatori che si giocano il posto ad ogni partita: Gomez del Bucaramanga oppure Armando Cooper, che non sfigura nell’Universidad de Chile. A volte quest’ultimo viene adattato sulla fascia destro, visto che l’alternativa è il discontinuo ma talentuoso Barcenas, con Quintero riferimento assoluto per la corsia destra. Nel ruolo di punta c’è molta abbondanza: i titolari sono, in genere, Blas Peres e Gabriel Torres, nonostante entrino spesso i due comprimari Arrojo e Tejada.

2.1) L’allenatore: Hernan Dario Gomez

Il destino dell’allenatore Gomez è sempre stato quello di allenare: giocatore discreto nell’Atletico Nacional, il colombiano ha assunto il ruolo di vice-allenatore già due anni dopo il suo ritiro,  facendo il vice di Maturana e sostituendolo come commissario tecnico della nazionale Colombiana nel 1995, senza però grandi risultati. Una delle sue esperienze migliori è sicuramente stata quella alla guida dell’Ecuador, con cui ha raggiunto (per la prima volta nella storia) la storica qualificazione ai mondiali in Corea e Giappone del 2002, eliminato ai gironi con un solo punto dall’Italia. In seguito ha avuto un altro incarico alla guida di un Nazionale, il Guatemala, prima di provare ad allenare in squadre di Club: Il Santa Fé ed il Medellìn, non durando però, in entrambi in casi, molto tempo. Da 2014 è tornato ad allenare in nazionale, ovvero il Panama.

2.2) La Stella: Anibal Godoy

Il giocatore con maggiore qualità della squadra è sicuramente Anibal Godoy, centrocampista tuttofare che ha totalizzato in totale ben 86 presenze ed un goal con la nazionale del Panama. Il suo apporto in fase offensiva non è di certo fra i più determinanti, ma in fase di ostruzione e di recupero-pallini ha sempre fatto il suo con estrema competenza. Per quanto riguarda la sua carriera in squadre di club, il giocatore classe ’90 è cresciuto in patria nel Chepo prima di approdare in Argentina nel Goldoy Cruz. La sua esperienza in Primera Division non è stata delle più semplici, nonostante dopo un solo anno sia arrivata la chiamata dall’Europa: il centrocampista ha infatti militato in Ungheria con la maglia dell’Honvéd, non risultando particolarmente convincente. Ad agosto del 2013 è tornato con la sua vecchia squadra in Panama, il Chepo, riuscendo a dimostrato di nuovo le sue qualità. Questo gli ha permesso di provare di nuovo un’esperienza all’estero ed in particolare in MLS con il Quakes: quest’anno il centrocampista ha totalizzato 11 presenze.

La Storia:

Quello del 2018 sarà il primo campionato mondiale nella storia del Panama.  Nel 1920 la nazione creò un’organizzazione calcistica, ma l’arretratezza a livello strutturale non permise alla selezione di farsi “vera” squadra rifiutando l’invito alla Coppa del Mondo in Uruguay del 1930. La prima partita ufficiale risale addirittura 8 anni dopo, nella vittoria per 2 a 1 contro il Venezuela, partecipando in quello stesso anno alla prima competizione nei Giochi Centramericani e Caraibici: in quell’occasione, tuttavia, la Marea Roja subì una cocente sconfitta contro la Costa Rica per 11 a 0. La vendetta arrivò nella stessa competizione, ma del 1946, dopo anni in cui la selezione panamense cercò di crescere molto: il Panama di impose con un secco 2 a 0 grazie al goal di Carlos “Black” Martinez. Negli anni ’60 il la nazionale partecipò anche al suo primo campionato Concacaf, non riuscendo però a passare alla fase finale a causa della sconfitta contro l’Honduras.  Gli anni ’70 sono invece stati anni frizzanti: nei Giochi Boliviani, edizioni 1970 e 1973, riuscì infatti ad ottenere due medaglie di bronzo. Nel 1976 arrivò anche la prima partecipazione in un qualificazione per la Coppa del Mondo, obiettivo che però sfumò nel doppio incontro con il Guatemala. Negli anni ’80, l’isolamento politico del paese causò un allontanamento della federazione dalla FIFA, nonostante fu permesso alla selezione di partecipare alle qualificazioni mondiali (senza successo) del 1982 e del 1986. Nel 1994 la nazionale tornò vicina ad una storica qualificazione, ma fu eliminata all’ultima partita dal Costa Rica. In ambito continentale, ci fu la partecipazione (30 anni dopo) al campionato Concacaf (rinominato CONCACAF Gold Cup) conclusosi però solo con 2 sconfitte ed un pareggio. Tale torneo rimase una “maledizione” per la nazionale panamense, eliminato nelle edizioni dei 10 anni successivi: tuttavia, nel 2005, arrivò a sorpresa il secondo posto a causa della sconfitta in finale contro gli USA dopo i calci di rigore. Nel secondo decennio del 2000 il Panama è riuscito ad entrare stabilmente nelle competizioni continentali, non andando però oltre ad una finale (persa sempre contro gli Stati Uniti) nella CONCACAF Gold Cup edizione 2013 ed un quarto turno per le qualificazioni ai mondiali. Nel 2014, infine, è stato nominato c.t. Hernan Gomez, capace prima di sfiorare ancora la finale di Gold Cup (persa in semifinale contro il Messico in maniera alquanto rocambolesca per alcuni errori arbitrali) e poi di qualificarsi per il mondiale di Russia 2018.

 

 




Speciale Russia 2018: Belgio, tutta la furia dei Diavoli Rossi

Speciale Russia 2018 è la nuova rubrica targata RadioGoal24 che andrà ad esplorare tutte e 32 le squadre che parteciperanno alla più famosa ed importante competizione calcistica mondiale. Percorreremo, giorno per giorno, la storia, le statistiche e le curiosità di ogni singola formazione del torneo. Vi ricordiamo che potrete seguire la diretta streaming con radiocronaca di tutte le partite sulla nostra sezione Radio, con approfondimenti radiofonici dedicati e molto altro ancora nel nostro flusso dedicato. Questa volta è il turno del Belgio, che nel gruppo G dovrà vedersela con Inghilterra, Panama e Tunisia.

Il cammino verso il mondiale

Il cammino del Belgio verso i Mondiali in Russia non è mai stato messo in discussione, anzi, si è dimostrato fin troppo agevole: in dieci partite giocate i belgi hanno ottenuto 9 vittorie ed un solo pareggio, realizzando 43 goal e subendone soltanto 6. C’era sicuramente da riscattare la brutta figura rimediata ad Euro 2016, e la squadra allenata da Roberto Martinez ci è riuscita benissimo, distanziando oltretutto la Grecia (arrivata seconda) di nove punti. Complice di tutto ciò è stato certamente anche un gruppo H di basso livello, in cui militavano squadre come Bosnia-Erzegovina, Estonia, Cipro, Gibilterra e la già citata Grecia. Gli unici a togliere punti ai Diavoli Rossi, tuttavia, sono stati proprio i greci, che il 25 marzo 2017, a Bruxelles, hanno fermato la formazione di casa sul risultato di 1-1, impedendogli così di ottenere l’en plein delle dieci vittorie consecutive.

1) La squadra

La nazionale belga dovrebbe schierare in Russia un 4-1-4-1 molto azzardato, che in corso d’opera potrebbe trasformarsi in un 3-5-2 o meglio ancora in un 3-4-3. Partendo dalla formazione di base, comunque, in porta giocherà senza dubbi una certezza assoluta come Thibaut Courtois, portiere in rottura con il Chelsea e destinato verso altri grandi club (tra questi Real Madrid e Liverpool). In difesa la coppia centrale sarà composta da Kompany e Vertonghen, entrambi militanti in Premier League: il primo è il capitano del Manchester City, mentre il secondo è una colonna del Tottenham ed ha già superato le 100 presenze in nazionale. Sulle fasce agiranno invece Ciman sulla sinistra e Meunier sulla destra, con quest’ultimo che potrebbe giocare titolare anche in una difesa a 3. Venendo al centrocampo, dove a sorpresa non è stato convocato Nainggolan, ci saranno scelte importanti da fare per Martinez. La sensazione è che il Belgio si presenti con Tielemans in mediana come copertura, scatenando Mertens e Hazard sulle fasce e Dembélé e De Bruyne nel mezzo, con il fantasista del Manchester City libero da qualsiasi vincolo tattico e messo in condizione di svariare su più fronti. In attacco ci sarà infine spazio per l’unica punta Romelu Lukaku, che con la rete segnata nell’amichevole contro il Giappone è diventato il miglior marcatore della storia del Belgio.

1.1) L’allenatore: Roberto Martinez

Dopo il brutto Europeo concluso in Francia nel 2016, la Federazione belga ha deciso di esonerare Marc Wilmots e di promuovere Roberto Martinez come nuovo commissario tecnico. Nato in Spagna nel 1973, da calciatore Martinez ha militato in squadre come Real Saragozza e Swansea, iniziando la professione da allenatore proprio con lo stesso club inglese, il 24 febbraio del 2007. Una volta terminato il contratto biennale con i The Jacks, il tecnico spagnolo si è trasferito al Wigan dal 2009 al 2013, vincendo tra l’altro anche la prima ed unica FA Cup della storia del club. Nonostante la vittoria in finale contro il Manchester City, però, il Wigan a fine campionato è retrocesso in Championship dopo otto anni di permanenza in Premier League, costringendo Martinez alle dimissioni. Nel 2013 è stato poi chiamato ad allenare l’Everton, con cui nella stagione 2013-2014 ha ottenuto un quinto posto davanti a Tottenham e Manchester United: fino a questo momento quella è stata la sua ultima esperienza da allenatore di un club.

1.2) La stella: Eden Hazard

Considerato uno dei giocatori belgi più forti di tutti i tempi, Eden Hazard si presenta a questa Coppa del Mondo come l’anima offensiva più talentuosa dei Diavoli Rossi. Come già detto di Kevin de Bruyne, il CT Martinez lascia molta libertà anche al giocatore del Chelsea, al quale invece l’ex allenatore Marc Wilmots non riconosceva la leadership che il numero 10 reclamava a gran voce. Adesso le cose sono cambiate, Hazard è libero di muoversi dove vuole e di impensierire le difese avversarie a seconda delle sue scelte, e lo dimostrano anche gli 8 goal e i 7 assist realizzati nel girone di qualificazione. La sua duttilità nel ricoprire più ruoli (ala, esterno, trequartista, seconda punta) lo rendono particolarmente completo dal punto di vista tattico, e le sue caratteristiche tecniche gli hanno permesso di essere accostato a due fenomeni come Messi e Cristiano Ronaldo: facilità nel saltare l’uomo, ottimo dribbling, utilizzo frequente del doppio passo e ottima precisione nei calci piazzati. Con la nazionale belga ha finora collezionato 22 goal e 23 assist in 85 presenze totali, mentre nella stagione appena conclusa con il Chelsea ha realizzato 17 reti e 13 assist in 51 partite giocate.

2) La storia

L’esordio ufficiale del Belgio è avvenuto il 1 maggio del 1904, nel pareggio per 3-3 contro la Francia, e nei primi anni di vita la nazionale belga ha subito accusato il divario con le altre squadre, uscendo al primo turno nei Mondiali del 1930, 1934, 1938 e 1954. Il decennio compreso tra il 1970 ed il 1980 è stato invece il periodo dei successi incostanti. Nell’Europeo del 1972, ad esempio, la nazionale belga ha conquistato il terzo posto battendo l’Ungheria, mentre quello del 1984 è stato uno degli Europei più deludenti dal punto di vista storico, poiché ha visto il Belgio uscire dal girone a causa di un netto 5-0 rimediato contro la Francia. Sei anni dopo, nei Mondiali di Italia ’90, la formazione allenata da Guy Thys si è dovuta invece fermare agli ottavi di finale contro l’Inghilterra: la stessa sorte le sarebbe toccata anche ad USA ’94 e nel campionato del mondo del 2002, rispettivamente contro Germania e Brasile. Proprio dal Mondiale di Giappone e Corea del Sud, però, è iniziato un lento e lungo tracollo, che ha portato i belgi a non qualificarsi alle successive 2 edizioni della Coppa del Mondo e alle 3 dell’Europeo. Nel 2012 quindi l’incarico di nuovo CT è stato affidato a Marc Wilmots, che dopo 12 anni ha riportato la propria nazionale a giocarsi un titolo internazionale. Molto bene è stato fatto sia nel girone di qualificazione (8 vittorie e due pareggi) sia nelle fasi finali del Mondiale brasiliano del 2014, in cui Hazard e compagni si sono dovuti arrendere nei quarti solo all’Argentina, futura finalista. Negli ultimi anni, inoltre, il Belgio ha avuto una crescita esponenziale di giovani talenti: Lukaku, Hazard, De Bruyne, Courtois, Nainggolan, Mertens, sono tutti giocatori che con il passare del tempo stanno dando un’ossatura solida alla nazionale dei Diavoli Rossi. Facendo infine qualche considerazione su questo Mondiale, per la squadra di Roberto Martinez non dovrebbero esserci grossi problemi nel passaggio del turno: l’unica incognita è quella di non avere delle riserve all’altezza, che potrebbero far rischiare l’ennesimo stop ai quarti di finale, come già successo in Brasile nel 2014 e in Francia nel 2016.

 

 

 




Speciale Russia 2018: Corea del Sud, tutti sulle spalle di Son

Speciale Russia 2018 è la nuova rubrica targata RadioGoal24 che andrà ad esplorare tutte e 32 le squadre che parteciperanno alla più famosa ed importante competizione calcistica mondiale. Percorreremo, giorno per giorno, la storia, le statistiche e le curiosità di ogni singola formazione del torneo. Vi ricordiamo che potrete seguire la diretta streaming con radiocronaca di tutte le partite sulla nostra sezione Radio, con approfondimenti radiofonici dedicati e molto altro ancora nel nostro flusso dedicato. Questa volta ad andare sotto i nostri raggi X è il turno della Corea del Sud, nazionale guidata dal talento del Tottenham, Son Heung-Min.

Il cammino verso il Mondiale

Il percorso intrapreso dalla Corea del Sud, per qualificarsi al mondiale in Russia, iniziò al secondo turno del torneo di qualificazione della Asian Football Confederation. Sorteggiata nel girone G con Libano, Kuwait, Birmania e Laos, dominò il proprio girone ottenendo otto vittorie su otto partite giocate. Nemmeno un gol subito, con 27 segnati, si classificò prima nel suo girone a punteggio pieno. La più grande vittoria ottenuta in queste prime partite arrivò contro il Laos addirittura per 8-0. Ipotecata la qualificazione al turno successivo, ottenne l’accesso alla terza fase dove fu sorteggiata con Iran, Siria, Uzbekistan, Cina e Qatar. Alti e bassi per la Corea del Sud che faticò per trovare la qualificazione: con quattro vittorie, tre pareggi e tre sconfitte, arrivò seconda nel girone a due punti di vantaggio sulla Siria arrivata terza. Qualificate per il Mondiale, all’Iran, Giappone, Arabia Saudita e Australia, si aggiunse quindi anche la Corea del Sud.

1) La squadra:

La formazione dei 23 convocati per Russia 2018, scenderà in campo con un 3-5-2 come modulo. In porta troveremo Kim, portiere del Vissel Kobe, la prossima squadra di Iniesta; il tridente difensivo sarà formato da Jang (FC Tokyo), Lee Yong (Ulsan Hyundai) e Younggwon (Evergrande FC). Il solido centrocampo a cinque vedrà protagonisti il capitano Ki Sung-Yeung dello Swansea, Koo Jacheol dell’Augusta e Jung Woo-Young del Vissel Kobe, che saranno i tre perni ai quali verranno affidati tutti i palloni. L’attacco spetterà al giocatore più atteso della squadra, Son Heung-Min dal Tottenham e al giovane talento del RB Salisburgo Hwang Heechan. La squadra sicuramente sarà all’altezza per affrontare le altre del girone, poiché sia i difensori che i centrocampisti, hanno un’ottima velocità e potranno mettere in seria difficoltà le avversarie. Il reparto offensivo è di grande talento ed esperienza nel calcio che conta: Son infatti militando in Premier League, ha giocato anche in Champion’s League e le sue abilità non sono certo un punto interrogativo; per quanto riguarda l’altro attaccante, si tratta di Hwang, che ha saputo portare il Salisburgo in semifinale di Europa League, anche non giocando titolare, ma risultando molto decisivo quando veniva chiamato in causa. Squadra giovane e veloce, dalle tante insidie.

1.1) L’allenatore: Shin Tae-Yong

Il commissario tecnico della Nazionale sud-coreana, è Shin Tae-Yong. Nato a Yeongdeok l’11 aprile del 1969, è un ex calciatore di ruolo centrocampista che dal 1991 fino al 2004, ha vestito la maglia del Seongnam FC, vincendo 6 campionati e realizzando in 296 gare 76 gol. Nel 2005 venne acquistato in Australia dal Brisbane Roar, ma alla sua partita di esordio si infortunò alla caviglia e chiuse così la sua carriera da giocatore. Per fortuna la stessa squadra lo assunse come allenatore rimanendo in Australia fino al 2008, senza però vincere nessun titolo. Dopo l’esperienza australiana, venne chiamato dalla squadra con la quale debuttò, il Seongnam, con la quale rimase fino al 2012. Nel 2010 riuscì a vincere in maglia gialloblu la AFC Champion’s League, arrivando successivamente quarto al mondiale per club. Nel 2014 arrivò la chiamata della nazionale sudcoreana, che ha portato alla qualificazione al mondiale in Russia. Lo vedremo quindi in azione ormai tra una settimana, nella partita di esordio della propria nazionale, contro la Svezia.

1.2) La stella: Son Heung-Min

La stella della Corea del Sud è indubbiamente l’attaccante esterno del Tottenham, Son Heung-Min. Considerato da molti esperti come il più promettente talento del calcio asiatico, il classe ’92 è cresciuto calcisticamente nell’Amburgo in Germania. Nel 2010 ha debuttato con i tedeschi, con i quali ha giocato fino al 2013 disputando 73 partite e siglando 20 gol. Nel 2013 passò alla corte del Bayer Leverkusen per la cifra di 10 milioni con il quale si è messo più in luce mostrando il suo talento. Infatti con le aspirine ha realizzato 21 gol in 62 partite giocate, dimostrando la sua abilità sulla fascia sinistra, siglando parecchi gol con entrambi i piedi, la principale qualità del giocatore sudcoreano. Nell’Agosto del 2015 venne acquistato per 18 milioni di sterline dal Tottenham, ma la sua prima stagione in Premier League, risultò non all’altezza delle aspettative di tutti. Non riuscì subito ad inserirsi nello stile del calcio inglese, rimanendo all’ombra di talenti emergenti come Kane e Dele Alli. La successiva stagione è stata quella della consacrazione, con la quale ha veramente dimostrato di valere i soldi spesi per il suo cartellino. Con la maglia degli Spurs, ha giocato finora 92 partite e segnato 30 gol, alcuni dei quali risultati molto pesanti. La sua carriera con la maglia della nazionale sudcoreana cominciò nel 2010, già dalla prima stagione con i tedeschi del Leverkusen. Sicuramente essendo la stella della sua nazione, proverà a portarla più in alto possibile nel mondiale di Russia 2018, essendo già stato decisivo nella fase di qualificazione al torneo.

2) La storia

In Corea, nell’antichità, si praticava un gioco di palla chiamato chuk-guk, molto simile al calcio contemporaneo. I coreani conobbero per la prima volta la versione corrente del calcio nel 1882, quando gli inglesi giocarono una partita mentre il loro vascello sostava nel porto di Incheon. Nel 1921 si disputò il primo campionato nazionale sudcoreano e nel 1928 fu fondata la federazione calcistica sudcoreana allo scopo di diffondere e sviluppare il calcio in Corea. La prima qualificazione ad un mondiale avvenne nel 1954, ai mondiali in Svizzera, dove però uscì sconfitta già ai gironi, dopo aver subito 16 gol in due partite (9-0 contro l’Ungheria e 7-0 contro la Turchia). Per trent’anni la nazionale sudcoreana non riuscì a qualificarsi per i mondiali, fino a quelli in Messico del 1986. Da quel mondiale fino ad oggi la Corea del Sud è riuscita sempre ad accedere al torneo, affermandosi come una delle squadre più forti dell’Asia. Fino al mondiale del 2002, le tigri asiatiche non andarono oltre la fase a girone, tranne quando appunto nel 2002, il mondiale venne giocato in casa. In quella occasione, la Corea del Sud arrivò quarta tra le molteplici polemiche, legate all’arbitraggio. In particolare questo episodio rimarrà sempre nelle menti, prima degli italiani e poi degli spagnoli: nel primo caso ci fu la contestatissima eliminazione dell’Italia contro la Corea del Sud, complici gli errori gravissimi fatti dall’arbitro Moreno. Nel secondo caso, avvenne la stessa cosa ai danni della Spagna, che avevano dato ragione agli italiani, affermando che ci fossero state delle pressioni dai piani alti, per far arrivare il più in alto possibile la Corea del Sud nella competizione. Nei tre mondiali successivi ottenne solamente una qualificazione agli ottavi di finale, non riuscendo quindi a migliorare il proprio migliore piazzamento. Quello di quest’anno sarà il decimo mondiale al quale la Corea del Sud parteciperà, e chissà se magari potrebbe ripetersi l'”impresa” del 2002.




Speciale Russia 2018: Svizzera, sotto la guida della stella Shaqiri

Speciale Russia 2018 è la nuova rubrica targata RadioGoal24 che andrà ad esplorare tutte e 32 le squadre che parteciperanno alla più famosa ed importante competizione calcistica mondiale. Percorreremo, giorno per giorno, la storia, le statistiche e le curiosità di ogni singola formazione del torneo. Vi ricordiamo che potrete seguire la diretta streaming con radiocronaca di tutte le partite sulla nostra sezione Radio, con approfondimenti radiofonici dedicati e molto altro ancora nel nostro flusso dedicato. Questa volta ad andare sotto i nostri raggi X è il turno della Svizzera, nazionale guidata dal fortissimo ex Inter e Bayern, Xherdan Shaqiri.

Il cammino verso il mondiale

Per la nazionale svizzera questa è l’undicesima qualificazione raggiunta. Fino ad oggi la sua migliore posizione in un mondiali sono stati i quarti di finale, nel 1934, nel 1938 e nel 1954. In Russia la selezione elvetica, guidata dall’ex Lazio Vladimir Petković, si presenta con la voglia di far bella figura e di continuare un progetto di crescita, iniziato già quattro anni fa con il raggiungimento degli ottavi di finale negli Europei di Francia del 2016. La Svizzera durante la qualificazioni per i mondiali del 2018 iniziò il suo cammino con il piede giusto conquistando 9 vittorie consecutive che però si rivelarono insufficienti per raggiungere il passaggio diretto nella competizione. Infatti nella decisiva partita contro il Portogallo, valida per lo spareggio per il primo posto nel girone, la Svizzera non riuscì a vincere, andando a conquistare la qualificazione ai play-off contro l’Irlanda del Nord. Dopo l’1 a 0 rifilato nella partita di andata, per la formazione allenata da Petkovic bastò l’0 a 0 nel match di ritorno per strappare il biglietto diretto in Russia.

L’allenatore: Vladimir Petkovic

 

Il compito di portare in alto la nazionale svizzera è affidato al ct Vladimir Petkovic. Il tecnico è nato a Sarajevo il 15 agosto 1963, è un allenatore di calcio ed ex calciatore bosniaco naturalizzato svizzero di origine croata. Petkovic è stato anche un giocatore di ruolo centrocampista, molto abile tecnicamente. Nella sua carriera da calciatore, il tecnico ha vestito in patria le maglie di Rudar Prijedor e Koper, oltre a quella del Sarajevo, squadra con la quale è cresciuto calcisticamente e ha vinto la Prva Liga nella stagione 1984-1985, prima di trasferirsi in Svizzera dove, a partire dal 1987, militò in diverse società, quali Coira, Sion e Martigny. La sua carriera da allenatore iniziò nel 1997 con il Bellinzona. L’avventura d’allenatore di calcio di Petkovic si sviluppò prevalentemente in Svizzera, terra da cui prese la nazionalità. Allenò il Malcantone Agno, il Lugano, lo Young Boys e anni dopo il Sion. Petkovic giudò il club bernese per circa tre stagioni fino all’arrivo dell’esonero del 2011, giustificato dai molti obiettivi mancati. Uno dei tanti fu quello relativo al passaggio in Champions League: lo Young Boys, infatti, fu eliminato dal Tottenham ai preliminari di coppa. Per Petkovic si rivelò molto importante la sua esperienza come allenatore in Italia con la Lazio, club con cui vinse il suo primo titolo. Sulla panchina biancoceleste nel 2012/2013 riuscì a vincere una Coppa Italia grazie all’1 a 0 di Lulic in finale contro la Roma. Come allenatore predilige molto moduli che possano valorizzare il più possibile la fase offensiva di gioco, alterna spesso il 4-1-4-1 con il 3-4-3. Molto bravo anche nel ricostruire gli schemi tattici nel corso della partita. Nella sua carriera da allenatore, oltre alla squadra biancoceleste, ha allenato anche il Sion, lo Young Boys in Svizzera e il Samsunspor in Turchia.

La squadra

Dalle ultime prestazioni nelle manifestazioni internazionale, la squadra svizzera si può considerare ormai pronta per la competizione. Petković è un tecnico che ama molto il gioco offensivo a prescindere dall’avversario che si trova di fronte. I suoi moduli preferiti sono il 3-4-3, il 4-2-3-1 e il 4-1-4-2, schieramento tattico sperimentato positivamente in Italia alla Lazio con il centravanti tedesco Miroslav Klose, unico riferimento offensivo. Con la Svizzera, Petkovic utilizza spesso il 4-2-3-1: in porta sfida sempre attiva tra Sommer e Burki per un posto da titolare entrambi vengono da due importanti stagioni in Bundesliga; in difesa c’è capitan Lichtsteiner, che dopo aver vinto il settimo scudetto con la Juventus cercherà di portare più avanti possibile la sua nazionale. Sulla fascia opposta il tecnico ex Lazio predilige la presenza di un altro “italiano”, R.Rodríguez, esterno attuale del Milan. Il centrocampo, costruito da Petkovic, si può dire che sia molto fisico, caratteristica data dalla presenza di due come Xhaka e Dzemaili del Bologna. In attacco si alternano la fisicità e la tecnica di uomini come Shaqiri e la forza di due come Seferovic ed Embolo.

La stella: Xherdan Shaqiri

La stella della nazionale svizzera è senza dubbio Xherdan Shaqiri. Il giocatore dello Stoke City è nato il 10 ottobre del 1990 a Gnijlane, odierna Gjilan, nell’allora provincia jugoslava del Kosovo da genitori albanesi. In campo viene impiego molto spesso come esterno offensivo, capace di agire su entrambe le fasce, ma all’occorrenza può anche ricoprire il ruolo di trequartista. Shaqiri vanta la presenza nel suo palmares di una Coppa dei Campioni vinta con il Bayern Monaco nella stagione 2012/2013. E’ proprio con la squadra tedesca che l’ex Inter ha collezionato più presenze (52) nella sua carriera. Nonostante le sue origini albenesei, Shaqiri ha sempre affermato la sua preferenza nei confronti della nazionale Svizzera.  L’ex Bayern ha ormai raggiunto i 28 anni e come giocatore non è mai riuscito ad esplodere del tutto. Tuttavia, con la maglia della nazionale, ha però sempre dato il massimo trovando anche performance di alto livello. Tutti ricorderanno la straordinara rovesciata per l’1-1 agli Europei del 2016 contro la Polonia.
Shaqiri fece il suo ingresso nella selezione svizzera il primo giugno del 2010, nell’amichevole giocata a Sion contro la Costa Rica e persa 0-1. Con la nazionale il calciatore è riuscito a raccogliere circa 42 presenze e 15 goal.

La storia

La Svizzera, insieme ad altre 32 Nazioni, parteciperà alla Coppa del mondo in Russia. Con quella di quest’anno, il continente europeo raggiunge la sua 11esima qualificazione. La prima risale al 1934, anno in cui arrivò ai quarti di finale guidata dal bomber Kielholz, che segnò una doppietta nella vittoria per 3-2 sui Paesi Bassi e che segnò anche nella sconfitta per 3-2 con la Cecoslovacchia. Stesso risultato che ottenne quattro anni dopo, ai Mondiali del 38:infatti, la Svizzera fu fermata dall’Ungheria dopo aver sconfitto la Germania, ai quei tempi nazista. Passata la seconda guerra mondiale, nel Mondiale 1950 non superò il primo turno. Capitata in girone col Brasile, padrone di casa, la Jugoslavia e il Messico, fu battuta dai balcanici che si imposero 3-0. Mondiale che il Brasile perse in finale contro l’Uruguay. La Coppa del mondo successiva a quella del ’50 si giocò proprio in Svizzera, perciò la qualificazione arrivò d’ufficio. Nel girone perse con l’Inghilterra ma s’impose ben due volte sull’Italia, una nella prima gara del girone, vinta 2 a 1, e un’altra nello spareggio per il passaggio del turno, con un secco 4-1. Anche in questa competizione come in quelle degli anni 30/40, la Svizzera si fermò ai quarti di finale, battuta 7 a 5 dalla vicina Austria.
Dopo la prestazione ai mondiali casalinghi, per la compagine svizzera iniziò il declino. Non qualificatasi nel 1958, si ripresentò nel 1962 e nel 1966, senza mai oltrepassare il primo turno e soprattutto senza mai fare un punto nei gironi.
Dal 1970 al 1990, la Svizzerà non si qualificò per ben vent’anni a nessuna competizione internazionale. Non entrò mai neanche agli Europei, torneo creato nel 1960. Per rivedere la nazionale partecipare ad un Mondiali bisognò attendere circa 28 anni; la Svizzerà riuscì a conquistare il passaggio alla competizione nel 1994, mondiale che si giocò negli Stati Uniti.
In quel torneo, la Svizzera finì nel girone con i padroni di casa, Colombia e Romania, riuscendo a passare il turno da seconda con i seguenti risultati: pareggio con gli Stati Uniti per 1-1 e vittoria contro la Romania per 4-1, per ottenere poi una sconfitta con la Colombia per 2-0. Agli ottavi, la Spagna vinse contro la formazione alpina con un secco 3-0. Negli anni duemila, per la Svizzera continuò il momento di crisi: infatti, fallito l’obiettivo di qualificazione agli Europei, non riuscì a partrcipare neanche ai Mondiali in Giappone del 2002. Per gli elvetici si inziò a respirare aria di cambiamenti già nel 2004, quando riuscì a qualificarsi per gli Europei. Successivamente arrivò anche il passaggio ai Mondiali del 2006 che dopo un girone assai combattuto, comandato quasi sempre dall’Irlanda che poi paradossalmente fallì la qualificazione, la Svizzera vinse l’ultima gara decisiva 2-0 a Basilea e raggiunse i play-off, dove incontrò la Turchia. Vinta 2-0 la partita di andata in casa a Berna, la partita di ritorno diventò un incubo: la squadra perse 4-2 ma comunque si qualificò ai Mondiali in virtù dei gol segnati fuori casa; a fine gara scoppiò però una gigantesca rissa in campo, con i giocatori turchi che presero di mira gli svizzeri con calci e pugni. Presente anche ai Mondiali del 2010, dove però non oltrepassò la prima fase di gara. Rimane però di quel torneo la storica vittoria contro la Spagna che fino ad allora non era mai riuscita a battere.
Gli elvetici riuscirono a prendere parte al successivo campionato del mondo 2014 in Brasile, vincendo nelle qualificazioni un girone abbordabile con Norvegia, Slovenia, Albania, Cipro e Islanda e partecipando per la terza volta di fila alla competizione più importante al mondo.
Fu sorteggiata nel girone E, insieme a Francia, Ecuador e Honduras. La Svizzera arrivò arriva seconda con due vittorie su tre: negli ottavi di finale dovette affrontare l’Argentina, con cui perse a due minuti dal termine dei supplementari per la rete di Ángel Di María. Due anni dopo questo ultimo mondiale, per gli elevetici arrivò la qualificazione agli europei del 2016. La Nazionale venne sorteggiata nel gruppo A con Francia, Albania e Romania. La Svizzera terminò il girone in seconda posizione con 5 punti e raggiunse così gli ottavi di finale contro la Polonia. La partita finì 1-1 dopo i tempi regolamentari e supplementari e si andò così ai rigori dove la Svizzera venne sconfitta per 4-5.




Speciale Russia 2018: Messico, la voglia della Tricolor

Speciale Russia 2018 è la nuova rubrica targata RadioGoal24 che andrà ad esplorare tutte e 32 le squadre che parteciperanno alla più famosa ed importante competizione calcistica mondiale. Percorreremo, giorno per giorno, la storia, le statistiche e le curiosità di ogni singola formazione del torneo. Vi ricordiamo che potrete seguire la diretta streaming con radiocronaca di tutte le partite sulla nostra sezione Radio, con approfondimenti radiofonici dedicati e molto altro ancora nel nostro flusso dedicato.  Questa volta è il turno del Messico mentre questa mattina è stata analizzata la Germania.

Il cammino verso il mondiale

Il cammino verso la Russia è stato abbastanza lungo per il Messico che, a causa del complicato meccanismo della zona CONCACAF, è entrato in gioco nel penultimo girone di qualificazione in cui erano presenti anche Honduras, El Salvador e Canada. Gruppo che El Tricolor ha dominato senza nessun problema: cinque vittorie ed un pareggio (all’ultima giornata contro l’Honduras) per i ragazzi di Osorio che hanno realizzato tredici goal, subendone solo uno da El Salvador. La quinta ed ultima fase di qualificazione ha visto il Messico inserito nel girone con Stati Uniti, Trinidad e Tobago, Honduras, Panama e Costa Rica. I ragazzi di Osorio hanno iniziato il cammino con una vittoria, contro gli Stati Uniti, grazie alla rete nel finale di Rafael Marquez. Nonostante il pareggio nel match successivo (zero a zero contro Panama), il Messico ha saputo controllare senza troppi problemi il girone e i nove punti realizzati nelle seguenti tre partite ne sono una prova. Nelle ultime cinque gare sono arrivati due pareggi, due vittorie ed una sola sconfitta (ininfluente contro l’Honduras); risultati che hanno permesso ad Hernandez e compagni di staccare il pass per Russia 2018.

1) Messico: la Squadra

Il Messico dovrebbe affrontare il prossimo Mondiale con il 4-2-3-1; i pali saranno difesi da Ochoa, portiere in grado di alternare miracoli ad errori abbastanza gravi. I centrali difensivi saranno Salcedo (ha un passato in Italia con la maglia della Fiorentina) ed uno tra Ayala  e Moreno; attenzione anche alla possibilità di vedere, magari non da titolare, l’espertissimo Rafael Marquez al suo quinto Mondiale. I due davanti la difesa, Herrera e Guardado, vanno a formare un mix di qualità, quantità ed intelligenza tattica che potrebbero rivelarsi fondamentali in un girone dove il Messico può dire la sua. E’ dalla trequarti in poi che La Tricolor può schierare i pezzi grossi; i giocatori dietro la punta, infatti, saranno Lozano, Vela e Giovani dos Santos. Un trio che, potenzialmente, può mettere in difficoltà qualsiasi difesa grazie alla capacità di puntare e saltare l’uomo con estrema facilità. Arriviamo al terminale offensivo, colui che avrà il compito di portare goal e punti alla propria nazionale; stiamo parlando di Javier Hernández, detto Chicharito. L’attaccante, classe 1988, dovrà concretizzare la mole di gioco prodotta dalla squadra.

1.1) L’allenatore: Juan Carlos Osorio

Juan Carlos Osorio, soprannominato Recreacionista, ha avuto una breve carriera da calciatore (era un centrocampista) nel Deportivo Pereira. Ha iniziato la carriera di allenatore da assistente (per 5 anni ha svolto questo incarico al Manchester City); la sua prima squadra da tecnico è stato il Millonarios anche se le soddisfazioni più grandi sono state sulla panchina del New York Red Bulls, con cui nel 2010 ha vinto un campionato MLS e su quella dell’Atletico Nacional portato alla vittoria della Copa Colombia nel 2013. Da quando allena il Messico ha ottenuto l’eliminazione dalla Copa America 2016 ai quarti con il Cile per 7-0 (la peggior sconfitta di Osorio sulla panchina della Tricolor), l’eliminazione dalla Confederations Cup 2017 in semifinale per mano della Germania (4-1) ed è uscito, nello stesso anno, dalla Gold Cup sconfitto in semifinale dalla Giamaica per 1-0. Ora il Mondiale con la speranza di portare il Messico il più lontano possibile.

1.2) La stella: Javier “Chicharito” Hernández

Il giocatore più rappresentativo della nazionale messicana (ha realizzato 48 goal in 98 presenze) è, senza ombra di dubbio, Javier Hernández detto Chicharito. Perché questo soprannome? Deriva dal padre, chiamato Chícharo (in italiano vuol dire pisellino) per via del colore dei suoi occhi. A livello calcistico inizia la carriera con la maglia del Chivas; grazie alle sue buone prestazioni attira l’interesse del Manchester United che lo acquista, nel 210, per 6 milioni di sterline. Dai Red Devils in poi inizia a farsi conoscere e dimostra di essere un signor attaccante. Tecnicamente non è fortissimo ma in area di rigore è semplicemente letale: punisce ogni errore commesso dalla difesa avversaria. La sua caratteristica migliore? L’anticipo nei confronti del difensore. Di testa o con il piede arriva sempre prima lui all’impatto con il pallone. Il Messico, per fare un buon Mondiale, dovrà sperare nei goal del Chicharito.

2) Messico: la storia

La nazionale messicana fa il suo debutto il 1 gennaio del 1923 contro il Guatemala in una gara vinta per 3-2. La prima partecipazione ad un Mondiale avvenne nel 1930 quando La Tricolor (soprannome dovuto ai colori della divisa, gli stessi della bandiera) uscì al primo turno. Bisogna arrivare al 1958 per vedere il Messico raccogliere il suo primo punto in una coppa del Mondo (1-1 contro il Galles); quattro anni più tardi ci fu la prima vittoria (3-1 contro la Cecoslovacchia) mentre i miglior risultati avvengono nel 1970 e nel 1986 quando, nelle edizioni casalinghe, il Messico arriva fino ai quarti. La Tricolor vive uno dei momenti peggiori della sua storia quando venne radiata dalle qualificazioni al Mondiale del 1990 per aver utilizzato calciatori con età superiori al limite consentito. Esclusi i due quarti di finale, la nazionale messicana vanta ben 10 successi in Gold Cup ed uno in Confederations. Una nazionale che, forse, ha vinto meno di quanto meritasse si appresta a partecipare al Mondiale di Russia con l’obiettivo di arrivare il più lontano possibile.




Speciale Russia 2018: Brasile, la rivincita di Neymar

Speciale Russia 2018 è la nuova rubrica targata RadioGoal24 che andrà ad esplorare tutte e 32 le squadre che parteciperanno alla più famosa ed importante competizione calcistica mondiale. Percorreremo, giorno per giorno, la storia, le statistiche e le curiosità di ogni singola formazione del torneo. Vi ricordiamo che potrete seguire la diretta streaming con radiocronaca di tutte le partite sulla nostra sezione Radio, con approfondimenti radiofonici dedicati e molto altro ancora nel nostro flusso dedicato. Questa volta è il turno del Brasile, che nel Gruppo E affronterà Costa Rica, Svizzera e Serbia.

Il cammino verso il mondiale

Il Brasile ha vinto senza particolari difficoltà il girone sudamericano di qualificazione ai Mondiali, distanziando di ben 10 punti l’Uruguay (seconda classificata) e di 13 l’Argentina (terza classificata). I verdeoro hanno raccolto 41 punti nelle 18 partite giocate e possono vantare sia il miglior attacco (41 goal) sia la miglior difesa (11 reti subite) di tutto il gruppo. Oltre alle dodici vittorie, sono arrivati cinque pareggi (contro Argentina, Uruguay, Paraguay, Colombia e Bolivia) e una sconfitta (contro il Cile). La vittoria più rappresentativa è stata sicuramente quella contro l’Argentina, nel match vinto per 3-0 dal Brasile grazie alle reti di Coutinho, Neymar e Paulinho. Il miglior marcatore della squadra di Tite nel girone di qualificazione al Mondiale è stato Gabriel Jesus del Manchester City, autore di 7 reti in 10 presenze; mentre al secondo posto troviamo Paulinho del Barcellona (6 reti in 11 presenze) e Neymar del Parsi Saint-Germain (6 reti in 14 presenze).

1) Brasile, la Squadra

Il Brasile dovrebbe schierarsi con un 4-3-3 o, all’occorrenza, in un 4-2-3-1. A difendere i pali dei neroverdi ci sarà Alisson, preferito a Ederson del Manchester City; la coppia difensiva sarà formata da Miranda e Thiago Silva, con Marquinhos verso la panchina; sulla fascia destra agirà Danilo del City, che prenderà il posto dell’infortunato Dani Alves, mentre su quella sinistra agirà Marcelo; davanti alla difesa ci sarà Casemiro, fiancheggiato da Paulinho e Fernandinho; la prima punta sarà Gabriel Jesus (in netto vantaggio su Firmino), che verrà supportato da Coutinho e Neymar. Nel caso Tite decida di schierare la sua squadra con il 4-2-3-1, Coutinho andrebbe a interpretare il ruolo di trequartista, con Willian pronto a prendere il posto di uno tra Paulinho e Fernandinho.

1.1) L’allenatore: Adenor Leonardo Bacchi, detto Tite

Tite giocò brevemente come attaccante, riuscendo a collezionare anche 34 presenze nella massima serie brasiliana. Dopo il suo ritiro a soli 30 anni, per gravi problemi alle ginocchia, ha dato inizio alla sua carriera di allenatore nel lontano 1990. Nella sua quasi trentennale carriera da tecnico ha allenato sempre in patria, a parte due brevi esperienze all’Al-Ain (2007/2008) e all’Al-Wahda (2010). Con il Corinthians ha vissuto il suo periodo d’oro, riuscendo a vincere due campionati brasiliani (10/11 e 14/15), una Copa Libertadores (11/12) e un Mondiale per Club (12/13). Nel suo palmarès possiamo trovare anche una Coppa Brasiliana vinta con il Gremio nella stagione 2000/01. Il 16 giugno del 2016 è stato nominato commissario tecnico del Brasile, in sostituzione dell’esonerato Dunga.

1.2) Brasile, la stella: Neymar

La stella del Brasile è sicuramente Neymar: il 26enne del Paris Saint-Germain ha collezionato 84 presenze e 54 reti con la maglia verdeoro, vincendo una Confederations Cup nel 2013. Dopo aver fatto tutta la trafila delle nazionali giovanili, il suo esordio (con tanto di goal) arriva il 10 agosto del 2010 sotto la gestione di Mano Menezes, nel match vinto per 2-0 contro gli Stati Uniti. L’ex Barcellona ha poi partecipato alle Copa America del 2011, del 2015 e del 2016, oltre al Mondiale casalingo del 2014.

2) La storia

Il Brasile è la nazionale più vincente di sempre: nessuna altra squadra è riuscita a vincere cinque mondiali (1958, 1962, 1970, 1994 e 2002) e a parteciparci ben 35 volte. Nel palmarès della squadra possiamo trovare anche otto Copa America (1919, 1922, 1949, 1989, 1997, 1999, 2004 e 2007) e quattro Confederations Cup (1997, 2005, 2009 e 2013).
L’esordio internazionale nei verdeoro risale al 20 settembre 1914, nel match perso per 3-0 contro l’Argentina. Il calciatore con il record di presenze è Cafu (142) mente quello con più goal realizzati è Pelé (77).