Milan, è giusto continuare con Maldini alle sue condizioni?

Paolo Maldini vorrebbe continuare a far parte della dirigenza del Milan – scrive oggi La Gazzetta dello Sport -, ma  con la garanzia di partecipare alle decisioni cruciali in tema di mercato e di allenatore, senza più accontentarsi di un ruolo meramente rappresentativo. Nell’ultimo anno soltanto rare conferenze stampa. Si è esposto su Rangnick, presunto nuovo allenatore, non ritenendolo un profilo giusto per il calcio italiano. Si dice che la proprietà non abbia preso molto bene la sua riflessione e le vacanze natalizie in Florida dopo il 5-0  di Bergamo con l’Atalanta, ma nessuno ha mai messo in discussione la sua permanenza. Rappresenta il Milan, la faccia bella del club, la continuità da rappresentare all’estero. Gazidis ha sempre caldeggiato il suo impiego in dirigenza e continua a crederci, perché il milanismo all’interno della società non sia azzerato e perché Paolo è un valore anche all’estero. Ma la scelta spetta a lui, chiamato a decidere se vuole andare avanti dopo aver visto gli altri mollare, come Leonardo e Boban. Perciò ora detta le sue condizioni. Maldini non ha potuto occuparsi subito di quello che era successo prima con Boban, con l’intervista alla Gazzetta e il conseguente licenziamento, perché prima c’era la questione della salute, ma bisognerà parlarne quando la situazione migliorerà. Se è vero che adesso la questione più urgente da risolvere è la ripresa della Serie A, il futuro di Paolo Maldini non è una questione meno urgente.

Nel calcio attuale non solo le bandiere e la rappresentatività, ma anche i consigli forniti dall’esperienza di chi ha vissuto lo spogliatoio intensamente e per lungo tempo non sembrano più avere un valore importante, se messi a confronto con la logica del profitto e con la necessità di far quadrare i conti, a maggior ragione per l’esistenza di ferrei (ma solo per alcuni) meccanismi di controllo finanziario. Le questioni di cuore vanno a scontrarsi con questioni di pura razionalità strumentale, il potere decisionale a chi sa come accontentare la gente “vs” a chi sa meglio condurre un’azienda in base a necessità economico-finanziarie,  uno scontro che nel XXI secolo non coinvolge solo il calcio, ma tutti gli ambiti della società, fino alla politica. L’accantonamento di Maldini, come già avvenuto con Totti e non solo, testimonierebbe ancora una volta la vittoria della seconda opzione, quella che (purtroppo) più si addice ai nostri tempi. Tuttavia  anche la sua permanenza con un ruolo meramente rappresentativo rappresenterebbe una repressione di quella che è sicuramente la volontà di Paolo di incidere in modo sostanziale sulle scelte tecniche del club e, come successo (ancora una volta) con Totti, potrebbe in seguito sfociare in una brusca rottura con la società e uno sfogo doloroso.

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