Speciale Russia 2018: Danimarca, la mina vagante della competizione
Speciale Russia 2018 è la nuova rubrica targata RadioGoal24 che andrà ad esplorare tutte e 32 le squadre che parteciperanno alla più famosa ed importante competizione calcistica mondiale. Percorreremo, giorno per giorno, la storia, le statistiche e le curiosità di ogni singola formazione del torneo. Vi ricordiamo che potrete seguire la diretta streaming con radiocronaca di tutte le partite sulla nostra sezione Radio, con approfondimenti radiofonici dedicati e molto altro ancora nel nostro flusso dedicato. Questa volta è il turno della Danimarca, che nel gruppo C dovrà vedersela con Francia, Australia e Perù.
Il cammino verso il mondiale
La Danimarca ha disputato il girone di qualificazione in crescendo, ma alla fine non è ugualmente riuscita ad ottenere il raggiungimento del primo posto. Nemmeno la vittoria per 4-0 sulla Polonia, prima qualificata del gruppo E, è servita infatti ad assicurare la leadership finale, e le cause vanno riscontrate in alcuni passi falsi commessi in diverse partite, come quella della disfatta contro il Montenegro o del doppio pareggio con la Romania. Il secondo posto del girone ha costretto quindi la Danske dynamite a giocarsi il pass per Russia 2018 nel duplice confronto contro l’Irlanda. La partita di andata si è disputata in casa, a Copenaghen, ma è terminata con il risultato di 0-0, mentre il ritorno è andato di scena a Dublino, e qui i danesi, guidati anche dalla fantastica tripletta di Christian Eriksen, sono riusciti ad imporsi con un netto 1-5 sulla formazione celtica. Così facendo, la Danimarca si è qualificata per la quinta volta nella sua storia alla fase finale della Coppa del Mondo.
1) La squadra

La nazionale danese è solita giocare con un 4-3-3 molto equilibrato, in cui il talento non manca di certo. A difendere i pali troviamo una sicurezza assoluta come Schmeichel, portiere del Leicester City, mentre il terzino sinistro Delaney e il difensore centrale Christensen sono le punte di diamante della difesa; a completare il reparto arretrato ci sono poi il terzino destro Stryger e l’ex giocatore di Roma e Palermo, Simon Kjær. Le chiavi del centrocampo passano invece tra i piedi di Lasse Schöne, esperto giocatore dell’Ajax, che dovrà sostenere la squadra nei momenti più difficili: in mezzo al campo sarà affiancato da Jensen e da Eriksen, talento del Tottenham e vero e proprio trascinatore della sua nazionale. Quello che preoccupa un po’ di più invece è proprio l’attacco, poco prolifico in termini di goal e composto dal tridente Sisto-Poulsen-Dolberg, che nella stagione appena conclusa sono riusciti a mettere insieme appena 19 reti totali. Le basi per fare bene, comunque, ci sono tutte, e l’esito mai scontato nell’affrontare una squadra scandinava potrebbe permettere alla Danimarca di diventare la mina vagante di questo Mondiale.
1.1) L’allenatore: Åge Hareide

La decisione della Dansk Boldspil Union (federazione calcistica danese) di prendere nel 2016 Åge Hareide come CT della Danimarca è stato un vero e proprio colpo di scena, poiché è stato chiamato a sostituire una leggenda come Morten Olsen, CT in carica dal 2000 al 2015. Sono stati in molti, infatti, a storcere il naso a proposito di tale scelta, soprattutto perché Hareide non vantava un curriculum così sublime da affidargli un compito tanto importante: nella sua carriera da allenatore ha vinto modesti titoli con Molde e Rosenborg in Norvegia, con Helsingborg e Malmö in Svezia e con il Brøndby in Danimarca. Ciononostante tutti i dubbi che si aggiravano attorno l’allenatore norvegese sono stati spazzati via in maniera progressiva, e man mano che passava il tempo e la rosa trovava il proprio assetto migliore, in patria cresceva sempre più la convinzione che la squadra avrebbe potuto farcela. A parlare alla fine è stato il campo, tramite cui la Danimarca si è regalata un 2017 da favola, in cui è arrivata una meritatissima qualificazione alla Coppa Del Mondo, e che ha permesso ad Hareide di meritarsi quel contratto firmato fino al 2020.
1.2) La stella: Christian Eriksen

Come detto nel paragrafo sulla squadra, Christian Eriksen è il vero trascinatore di questa formazione. Nel girone di qualificazione ha messo a segno 11 reti, e la sua tripletta nello spareggio di ritorno contro l’Irlanda è stata fondamentale per l’ottenimento del passaggio del turno. Sotto la guida al Tottenham di Mauricio Pochettino, il giocatore degli Spurs, nonché capitano della propria nazionale, è cresciuto molto dal punto di vista tattico, diventando uno dei centrocampisti più forti e prolifici al mondo: nella stagione appena conclusa ha realizzato 14 goal e collezionato 13 assist tra Premier League, Champions League, FA Cup ed EFL Cup, numeri importanti per un giocatore del suo ruolo. Inoltre la sua fantasia e la sua abilità nel sapersi muovere tra le linee mandano spesso in tilt i sistemi di marcatura avversaria, che non sempre riescono a contenere i suoi continui tagli in area di rigore. Il numero 10 che porta sulla spalle, infatti, non è lì per caso, ma rispecchia le sue capacità del trequartista moderno tuttofare, libero da qualsiasi vincolo tattico in cambio di una maggiore creatività, che giova non solo a lui ma a tutta la squadra. Insomma, Eriksen è un giocatore completo: playmaker, metronomo, fantasista, assist-man e finalizzatore, e buona parte del Mondiale danese passerà sicuramente dalle sue giocate.
2) La storia
Le prime partite ufficiali della Danmarks fodboldlandshold, ovvero della nazionale di calcio della Danimarca, risalgono al 1908, durante le Olimpiadi di Londra: il 19 ottobre c’è stato l’esordio contro la Francia B, sconfitta 9-0, mentre il 22 ottobre è arrivato il successo contro la Francia A per 17-1, rimasta negli anni la vittoria più netta da parte dei danesi. Dopo parecchi anni di dilettantismo, comunque, è solo nel 1971 che la Federazione decide di aprirsi al mondo del professionismo, anche se nel frattempo la squadra non era riuscita a qualificarsi al campionato europeo del 1972, ottenendo l’ultimo posto del girone. Il primo test come nazionale professionista arriva quindi nelle qualificazioni al Mondiale del 1974, ma si rivela un vero e proprio flop, poiché la Danimarca chiude all’ultimo posto, racimolando appena un punto in quattro giornate, e le mancate qualificazioni all’Europeo del 1976 e ai Mondiali del 1978 comportano l’ennesimo scoraggiamento. Tuttavia, dopo lo scontento maturato in tutto quel tempo, ad inizio anni ’80 la nazionale biancorossa inizia a vivere il suo momento d’oro, tanto da assumere il soprannome di Danish Dynamite: dinamite danese. Tra i protagonisti di quell’epoca troviamo giocatori come Jesper Olsen, Soren Lerby, Jan Molby, Frank Arnesen e Michael Laudrup, cresciuti nell’Ajax sotto l’ascendente di Johan Cruijff e in grado di mettere in atto un calcio moderno, vigoroso e dall’alto tasso tecnico. I primi segnali del cambio di rotta cominciano a vedersi nei Mondiali di Spagna del 1982, in cui la Danimarca, anche se eliminata da Italia e Jugoslavia, è l’unica squadra che riesce a battere gli azzurri nelle partite regolari, che poi porteranno la squadra di Bearzot a sconfiggere la Germania Ovest nella finale di Madrid. Il primo trionfo dell’era Pyontek (CT danese di quegli anni) arriva nei campionati nordici del 1978-1980 e del 1981-1985, che interrompe l’egemonia della Svezia, detenente del titolo dal 1933. Il periodo successivo è invece quello della transizione: la Danimarca disputa un buon campionato del mondo nel 1986 e riesce a qualificarsi agli europei di Germania Ovest del 1988, ma non ripete le prestazione degli ultimi tempi nella fase finale, perdendo tutte e tre le partite del suo gruppo. Nel 1992 Richard Nielsen subentra a Pyontek sulla panchina danese, e per far fronte al regresso degli ultimi dieci anni decide di rivoluzionare la squadra con innesti di giovani emergenti, tra i quali si stavano distinguendo Peter Schmeichel (padre di Kasper), Kim Vilfort, John Jensen, Brian Laudrup (fratello di Michael Laudrup) e Flemming Povlsen. Dopo essersi qualificata seconda nel girone di qualificazione degli Europei del 1992, la Danimarca viene ripescata a seguito dell’esclusione della Jugoslavia, dovuta alla decisione dell’ONU in merito alle problematiche in corso nei paesi balcanici. Da quel momento in poi per la nazionale di Nielsen sarebbe iniziato un cammino glorioso, che avrebbe portato alla vittoria dell’Europeo contro la Germania, battuta in finale 2-0. Successivamente alla vittoria del primo ed unico trofeo europeo, però, subentra un periodo caratterizzato da momenti di alti e bassi, che si protrae dal 1992 fino al 2000. Proprio in quell’anno viene definito il nuovo CT, Morten Olsen, e uno dei momenti più curiosi della sua carriera (in particolar modo per noi italiani) è quello legato agli Europei del 2004, in cui tramite il biscotto nel pareggio per 2-2 contro la Svezia, i danesi riescono a passare il girone da secondi in classifica, eliminando l’Italia per differenza reti. Olsen rimarrà in carica fino al 2015, ottenendo risultati altalenanti nel corso del suo operato, come il deludente Mondiale sudafricano del 2010 e le scialbe prestazioni negli europei Polonia-Ucraina del 2012 e nel Mondiale brasiliano del 2014. Infine, la delusione per la mancata qualificazione ad Euro 2016 lo convincono a dimettersi di comune accordo con la Federazione, e al suo posto viene chiamato l’ex CT della Norvegia, Åge Hareide.