Van Dijk è il difensore più forte al mondo o solo il più costoso?
Dissipati gli sguardi scandalizzati dei media inglesi alla cifra astronomica spesa per Virgil Van Dijk, cominciamo a capire perchè un club bisognoso di vittorie come il Liverpool ha deciso di spendere una cifra del genere per un singolo difensore centrale.
In Italia abbiamo discusso per un anno intero sul Bonucci che sposta gli equilibri: situazione mai vista, perchè un centrale di difesa non li sposta, a meno che non sia il più forte al mondo.
Van Dijk ha spostato gli equilibrii del #Liverpool? Assolutamente sì. 193 centimetri per 92 chili, per nulla lento e con un buon piede (non se ne fanno tanti). Ricorda il connazionale Stam, forse ancor più rude e meno elegante del difensore dei #Reds.
Intendiamoci, un mostro sacro come Sergio #Ramos è insuperabile, ma i difensori giocano sempre in coppia: quindi perchè non dire che è l’altro difensore centrale più forte al mondo? Se non ci credete basta vederlo giocare, andando oltre la dicitura “80 milioni” e osservare i muscoli in azione di un difensore moderno e completo, che gioca in una macchina perfetta che sogna l’all-in di trofei.
In #PremierLeague il Liverpool c’è, in Champions pure, ma l’importante è che al centro ci sia sempre Virgil #VanDijk.
Coronavirus, il Liverpool con il trio delle meraviglie per farvi restare in casa
Coronavirus, il Liverpool con il trio delle meraviglie per farvi restare in casa
In Inghilterra il Liverpool primo in classifica, in attesa della ripresa (se ci sarà) sta provando a convincere i suoi tifosi a rimanere a casa in questo momento complicato legato alla diffusione del Covid-19.
La tattica usata dal club guidato da Jurgen Klopp è quello di riproporre il meglio di questa straordinaria stagione di Premier, dove i Reds hanno letteralmente dominato.
Tramite i suoi canali social, infatti, la squadra campione d’Europa ha riproposto una raccolta di gol della corrente stagione, il meglio del trio Firmino, Manè e Salah. Sono 38 reti, moltissime di pregevole fattura.
È tempo di podcast, è tempo di Premier League! Che succede nel campionato inglese di eclatante? Succede che United e Chelsea, con tutta probabilità, a fine stagione cambieranno la guardia alle proprie porte visto che i guardiani scelti non stanno facendo al meglio il proprio lavoro. David De Gea e Kepa Arrizabalaga, stessa nazione e stesso ruolo, carriere diverse ma ugualmente importanti ed un presente incerto tra incomprensioni con il tecnico, papere e panchine; in tutto questo polverone si fanno largo i sostituti per la prossima stagione!
Porte girevoli, e dieci partite a disposizione di Kepa e De Gea per dare risposte importanti a Lampard e Solskjær…
Lazio, si avvicina Lovren
Lazio, si avvicina Lovren
Lotito e Tare sono alla ricerca di un altro centrale difensivo, che possa assicurare anche esperienza internazionale, data la quasi certa partecipazione alla prossima Champions League. Il primo obbiettivo dovrebbe essere Dejan Lovren, difensore centrale croato, attualmente in forza al Liverpool, il suo contratto è in scadenza nel 2021, cosa che mette la Lazio in una situazione di vantaggio nella trattativa. I contatti tra i due club sono già stati avviati e tutto sembrerebbe portare Lovren a vestire biancoceleste, dato che il Liverpool non sembrerebbe intenzionato a rinnovargli il contratto, ma allo stesso tempo non vorrebbe perderlo a parametro zero; se le richieste dei Reds fossero dunque in linea con la situazione, Lotito e Tare potrebbero offrire a Lovren un contratto più oneroso del previsto, risparmiando sul prezzo del cartellino. Il centrale croato porterebbe fisicità ed abilità nei colpi di testa nella rosa biancoceleste (188 cm x 84 kg) , mentre resta qualche perplessità sul suo possibile adattamento alla difesa 3; d’altro canto sarebbe una cartuccia in più per Inzaghi, che all’occorrenza potrebbe schierare una difesa a 4 con Acerbi e Lovren come coppia centrale, con Luiz Felipe in panchina.
Nel podcast tematico sulla Serie A questa settimana abbiamo parlato dei nuovi acquisti dell’Inter: Young, Moses ed Eriksen, tutti e tre provenienti da squadre di Premier League, dunque un calciomercato simile a quello fatto dal duo Marotta-Ausilio già in estate. L’Inter di Conte ora ha tre nuove frecce nella propria faretra, ma cosa possono dare i nuovi arrivati ai nerazzurri? Corsa, dinamismo, tecnica ed esperienza sicuramente, ma basteranno per arrivare alla vittoria del tricolore?
Calciomercato: a rischio il ritorno in Premier di Sancho
Sancho, ritorno in Premier a rischio!
Secondo quanto riportato dal MirrorJadon Sancho, il giovane esterno offensivo del Borussia Dortmund, potrebbe non approdare in Premier League quest’estate. Il tabloid infatti asserisce che l’eventuale ripresa a giugno del campionato inglese, causata dall’emergenza Coronavirus, potrebbe causare una compressione del calciomercaato estivo non solo dal punto di vista temporale, ma anche degli investimenti, a causa dei danni economici provocati dall’esigenza di fermare tutto. Liverpool, Manchester United e Chelsea, le tre squadre maggiormente interessate a Sancho, dovranno con ogni probabilità destinare maggiori risorse al risanamento dei costi interni. La valutazione di 130 milioni fatta dal Borussia Dortmund, diventa a questo punto molto elevata anche per i ricchissimi club d’Oltremanica.
È tempo di podcast, è tempo di Premier League! Che succede nel campionato inglese di eclatante? Succede che United e Chelsea, con tutta probabilità, a fine stagione cambieranno la guardia alle proprie porte visto che i guardiani scelti non stanno facendo al meglio il proprio lavoro. David De Gea e Kepa Arrizabalaga, stessa nazione e stesso ruolo, carriere diverse ma ugualmente importanti ed un presente incerto tra incomprensioni con il tecnico, papere e panchine; in tutto questo polverone si fanno largo i sostituti per la prossima stagione!
Porte girevoli, e dieci partite a disposizione di Kepa e De Gea per dare risposte importanti a Lampard e Solskjær…
I 10 ricordi calcistici che ci possono rendere felici durante la quarantena
Ricordi calcistici. Questa Quarantena sta mettendo tutti a dura prova, inutile negarlo. Che ne dite se provassimo tramite il calcio a strapparci qualche dolce ricordo, un po’ di brividi lungo la schiena, una lacrimuccia e un po’ di pelle d’oca?
L’intento è quello di evocare momenti epici, piccoli frammenti di calcio, che diciamolo in questo momento di chiacchiere perenne mentre il paese è in difficoltà può essere utile solo a distrarci un pochino e regalarci qualche dolce attimo.
Abbiamo selezionato 10 momenti che accomunano quasi tutti, anche quelli legati ad un singolo club ma che possono aver emozionato tutti i tifosi di calcio indistintamente. Sicuramente sono più di dieci, ma intanto iniziamo il nostro viaggio nei ricordi:
10- King Claudio e lo scudetto del Leicester
Chi non si è emozionato vedendo una squadra di provincia, con più storia nella serie cadetta e nei bassifondi della Premier che altro, con una rosa di giocatori di medio valore, con un attaccante amante dei pub e della birra e guidata da un allenatore italiano di oltre 60 anni che in Italia ha sempre sfiorato ma mai ottenuto un trofeo. Chi dice di non essersi emozionato mente. Stagione 2015-2016, Claudio Ranieri dopo aver fallito con la nazionale greca, torna in Premier League alla guida del piccolo Leicester, che da solo una stagione era salito nella massima serie, riuscendo la stagione precedente a salvarsi per il rotto della cuffia. It’s a kind of magic, direbbero i Queen, una specie di magia, ed il mago ni questione ha i capelli bianchi, gli occhiali, il sorriso beffardo del nonnino di quartiere e viene da Testaccio. E ne ha viste tante, ma mai come quelle che ne vedrà nella stagione 2015-2016. Un connubio perfetto tra squadra ed allenatore, valori tecnici ed individuali espressi alla massima potenza, calciatori con una carriera avanzata ma mai decollata che improvvisamente diventano campioni. Una serie di vittorie esaltanti, difficilmente fortunate, quasi sempre meritate, sudate ma meritate.
Una cavalcata incredibile, a suon di conferenze ricche di risate e di frasi celebri del tecnico italiano, che con il suo “Dilly Ding Dilly Dong” non può non aver fatto sorridere tutti.
Un ricordo meraviglioso, in parte anche italiano.
9- Dopo Instanbul c’è sempre Atene
Passiamo ad un evento che farà felici soprattutto i tifosi del Milan, ma la frase di apertura diventa un monito per tutti in questo periodo: dopo la tempesta c’è sempre il sole, dopo Instanbul c’è sempre Atene.
Parte tutto dal 25 maggio 2005, ad Instanbul, dove il Milan vive una delle serate più strane ed infauste del calcio, un evento che in effetti potremmo inserire nella lista per gli inglesi, ma noi siamo patriottici. Sopra di 3-0 in finale di Champions League, il Milan si fa rimontare dal Liverpool, che nel secondo tempo compie una rimonta incredibile, fino ad arrivare ai rigori, dove il fattore psicologico gioca a sfavore dei rossoneri e regala la vittoria ai Reds.
Ma il fattore psicologico è come un boomerang, torna sempre indietro ed il 23 maggio 2007, torna nelle mani del Milan. A due anni di distanza si rigioca Milan-Liverpool, finale di Champions League. Il Milan è maestro di finali, ma se c’è un nemico che gli ha messo paura nella storia è proprio la squadra inglese. I Reds hanno cambiato molto, il Milan invece ha mantenuto l’ossatura di due anni prima e questo forse regala più fame agli uomini di Carlo Ancelotti, in particolare ad uno…
Pippo mio! Pippo mio! Pippo mio! Doppietta e vendetta completata. C’è altro da aggiungere? Ricordate e godetene tutti!
8- Goal Goal, Tardelli, Tardelli!
Torniamo un po’ indietro negli anni, in qualcosa che non tutti i nostri lettori hanno vissuto direttamente, chi scrive compreso, ma che leggendo il titolo lo ha letto con la voce di Nando Martellini comunque. Perchè prima dello “Stringiamoci forte e vogliamoci tanto bene” di Caressa c’è stato un mondiale così esaltante da segnare una generazione. Un mondiale nel quale l’Italia passa il girone con soli tre pareggi, nel quale affronta il giocatore più forte di tutti i tempi, Diego Armando Maradona, e la nazionale forse più forte di sempre, il Brasile di Falcao, Zico, Socrates e Cerezo.
Tutto nello stile Italia; critiche, polemiche iniziali, poca fiducia in alcuni giocatori, come il tanto discusso Paolo Rossi: quanto è italiano il fatto che poi ha vinto Scarpa d’Oro e Pallone d’Oro?
Madrid, 11 luglio 1982, Italia-Germania Ovest, Zoff, Gentile, Cabrini, Bergomi, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Oriali, Graziani: anche qui chi non l’ha letta con la voce di Martellini, mente. Non c’è partita, primo tempo 0-0, ma nel secondo il solito Paolo Rossi porta in vantaggio l’Italia, ma soprattutto al 68′ minuto, Tardelli scaccia tutte le paure, tutte le amarezze, tutte le sconfitte di un popolo, tutte le critiche, con un solo urlo, accompagnato da quello di Martellini. Scirea riceve in area da Bergomi, l’Italia fa superiorità in area di rigore, l’urlo di attesa della folla accresce, la palla fa su e giù in area di rigore, tanto che si ha paura che si perda. Scirea infatti rischia qualcosa torna indietro da Tardelli che è marcato, ma il numero 14 italiano sposta il pallone con un tocco sul sinistro e scarica in porta una sciabolata storica. E poi quell’urlo. Quello di tutti noi. Campioni del Mondo, Campioni del Mondo, Campioni del Mondo!
7- Roma-Barcellona 3-0, quando l’Olimpico diventò il Colosseo
Altro ricordi per singoli tifosi ma non solo. una delle rimonte calcistiche più belle degli ultimi anni. Una Roma forse non la più forte di sempre, un Barcellona che sembra di un altro pianeta. Un risultato ed un arbitraggio sfavorevoli all’andata, un 4-1 che non lasciava scampo a rimonte. Forse.
Perchè se c’è una cosa che contraddistingue i tifosi della Roma dagli altri è la tenacia e la spavalderia nel pensare cose impossibili, ma soprattutto nel sostenere ancora di più quando tutto è contro. 56.000 spettatori, tutti che da una settimana avranno ripetuto: “Ormai ce vado allo stadio, che c’avemo da perde, tanto nun succede. Ma se succede…“.
Succede.
Minuto 6 del primo tempo, De Rossi lancia Dzeko a memoria che si allunga e insacca l’1-0. Il tempo perfetto, sembra quasi che tutto stia andando come deve andare, ma i tifosi della Roma sanno bene che quando va così in realtà la beffa è dietro l’angolo, quindi si esulta come se fosse vinta, ma si dice “Troppo presto, ora ce segnano“. Minuto 13 del secondo tempo. Piquè atterra Dzeko in area di rigore, l’arbitro inizialmente soprassiede: “Ecco tanto nun ce lo da“. Rigore. Lo tira De Rossi: ” tanto lo sbaja, come Bruno Conti“. Goal. De Rossi reagisce da tifoso, esulta di rabbia ma allo stesso tempo predica calma perchè tutti si cominciano a chiedere: ” Che sta succedendo?”.
Succede. Al minuto 30 del secondo tempo “Nun succede ma è successo“, Manolas, uno che di goal ne fa pochissimi, in area di rigore spizza un corner di Under ed insacca alla spalle di Ter Stegen. E’ il delirio, il delirio di un popolo che per una sera si è scrollato di dosso una serie di amarezze e sconfitte, un popolo che per una sera si sente sul tetto a guardare tutti dall’alto. Il fischio finale è un sollievo gigantesco. Un emozione unica. Un emozione che solo il calcio può regalare.
6- Il Triplete nerazzurro e la notte di Diego Milito.
Storia nerazzurra questa volta. 22 maggio 2010, dopo una cavalcata incredibile l’Inter di Mourinho, dopo aver vinto campionato e Coppa Italia, si trova in finale di Champions League ad affrontare il Bayern Monaco di Ribery e Robben, guidato da Louis Van Gaal.
L’ epilogo lo conosciamo tutti, ma quello che ci deve strappare un sorriso è un frammento in particolare di quella partita. Perchè se c’è un giocatore che ha incarnato l’Inter di Mou, quello è Diego Milito, ed il frammento è semplicemente questo:
Il secondo goal della gara, perchè il secondo è sempre il più bello, perchè è quello che ti libera di tutto, che ti da la sensazione che ce la stai facendo. Tutti guardano, Butt, Demichelis, i tifosi, ma soprattutto Diego Milito. Questo è il frangente in cui Diego Milito probabilmente sta ripercorrendo tutta la sua vita ed è tornato alla prima volta che ha calciato un pallone, già lì il desiderio era di farlo in una finale di Champions League. Ed ora eccolo lì, il goal di una vita. Il goal di tante vite neroazzurre.
5- Live is life, Maradona palleggia!
C’è solo un giocatore nella storia del calcio che può aver reso epico non una partita ma un riscaldamento. Diego Armando Maradona è stato questo, capace di far emozionare con la sua sola presenza; con un pallone vicino ovviamente.
E’ forse la più spettacolare manifestazione di totale libertà e tranquillità sportiva. Prima di una partita, il capitano del Napoli sta ballando. Nessuno mai si sarebbe sognato di farlo, lui invece sì. In quel momento, sportivamente parlando, era perfetto. Stiamo parlando del 19 Aprile 1989, Olympiastadion di Monaco, Bayern Moanco-Napoli, durante il riscaldamento gli altoparlanti dello stadio diffondo la canzone “Live is Life” degli Opus, un ritmo cadenzato condito dal canto della gente; una descrizione degna di un goal di Maradona. La partita è tesa, il Napoli ha vinto 2-0 al San Paolo e ora deve difendere il risultato, e Maradona sceglie questo gesto per far capire cosa sia il calcio per lui, come a dire “Tranquilli, sereni, danzate con me” e via e 1 e 2 e 3… LA LA LA LA LA, e via ancora e 1 e 2 e 3, palleggi a ritmo di musica, un inno alla’armonia, un inno al calcio, un inno a Diego Armando Maradona.
4 – Mo je faccio er cucchiaio!
Più che felicità forse questo ricordo evoca ansia, ma rimarrà uno degli episodio storici della nostra nazionale.
29 Giugno 2000, Europeo in Olanda, ad Amsterdam, contro l’Olanda, una partita nella quale è successo di tutto, nella quale Francesco Toldo ha deciso di erigersi al livello di Garibaldi nell’annovero dei protettori della patria. E dove c’è un Garibaldi c’è sempre un giovane incosciente che va alle armi e si getta nella mischia rischiando la morte. Francesco Totti è l’espressione massima in quel momento di questo concetto, un golden boy, eterno bambino in tutto e per tutto.
Quei personaggi che nei film di guerra vengono tarpati dai generali, ma non da Dino Zoff, che gli assegna il terzo calcio di rigore, anche se dentro di se è pronto a prendere a mazzate il ragazzino. E lui fa di tutto per sfiorarle, ma non le prende, anzi le da.
Una bella scommessa di quelle da spogliatoio, “Se c’è un rigore, je faccio er cucchiaio“, quel marchio di fabbrica che ad un Europeo a soli 24 anni in semifinale non dovrebbe neanche passare per la mente. Terzo rigore, Totti si gira verso Di Biagio, “Mo je faccio er cucchiaio“. Quasi i compagni tentano di fermarlo, ma lui va, contro un muro arancione, contro un portiere alto 1,97, Edwin Van Der Sar, il quale incita i tifosi per intimorire l’avversario. Totti neanche se ne accorge, ha in mente solo una cosa e quella farà, e ci riuscirà. “Ha tentato l’impossibile” dirà Bruno Pizzul, Zoff impassibile, compagni increduli, stadio impazzito ed intanto Totti che fa? Se la ride.
3- Arriva il pallone, lo mette fuori Cannavaro! Poi ancora insiste Podolski… Cannavaro! Cannavaro! Via al contropiede con Totti, dentro il pallone per Gilardino… Gilardino la può tenere anche vicino alla bandierina, cerca l’uno contro uno, Gilardino, dentro Del Piero, Del Piero… Gol! Aleeeex Deeel Piero! Chiudete le valigie! Andiamo a Berlino! Andiamo a Berlino! Andiamo a prenderci la coppa! Andiamo a Berlino!
Non diciamo altro, se non questo:
2- YOU’LL NEVER WALK ALONE
Una nota estera va messa, perchè chi ama il calcio non può non amare certi riti, quasi mistici, come i cori da stadio. Come la Geyser Dance dell’Islanda, o i concerti dei tifosi del Galatasaray: ma non c’è coro più bello ed emozionante di You’ll never walk alone, cantato dalla Kop, la curva del Liverpool.
Una canzone scritta dal duo americano Rodgers/Hammerstein per il musical del 1945 Carousel, ripresa da grandi cantanti della storia della musica, quali Nina Simone, Frank Sinatra ed Elvis Presley. Una canzone dal testo toccante, un aspetto spesso tralasciato che invece nasconde la vera essenza di questo inno.
Perchè soprattutto in questo momento che stiamo vivendo, un testo così rappresenta la vita di tutti ed il calcio è vita e questo inno alla speranza non poteva che non sposarsi con lo sport più bello di tutti:
Quando cammini nel bel mezzo di una tempesta tieni bene la testa in alto e non aver paura del buio alla fine della tempesta, c’è un cielo d’oro e la dolce canzone d’argento cantata dall’allodola
cammina nel vento cammina nella pioggia anche se i tuoi sogni saranno sconvolti e scrollati va avanti, va avanti con la speranza nel tuo cuore e non camminerai mai da sola non camminerai mai da sola va avanti, va avanti con la speranza nel tuo cuore e non camminerai mai da sola non camminerai mai da sola
Nel podcast tematico sulla Serie A questa settimana abbiamo parlato dei nuovi acquisti dell’Inter: Young, Moses ed Eriksen, tutti e tre provenienti da squadre di Premier League, dunque un calciomercato simile a quello fatto dal duo Marotta-Ausilio già in estate. L’Inter di Conte ora ha tre nuove frecce nella propria faretra, ma cosa possono dare i nuovi arrivati ai nerazzurri? Corsa, dinamismo, tecnica ed esperienza sicuramente, ma basteranno per arrivare alla vittoria del tricolore?
Il calendario dei compleanni: “El Niño” Fernando Torres
“El Niño” Fernando Torres, compie oggi 36 anni, uno dei talenti simbolo del dominio spagnolo in Europa nel primo decennio del duemila, uno dei più grandi giocatori della storia dell’Atletico Madrid.
Il soprannome “bambino” lo deve a quel volto pulito, contornato dai capelli biondi, le guance spesso arrossate ma soprattutto al fatto che a 19 anni aveva già realizzato 44 goal nelle varie competizioni e già era il capitano dell’Atletico Madrid.
Un ingresso nel calcio dei grandi esplosivo, nei primi anni duemila il giocatore spagnolo era già tra i più forti in circolazione, una forza della natura, giocatore dalle doti tecnico-fisiche, strabilianti: il primo Fernando Torres era un giocatore che quasi ricordava il giovane Ronaldo (il fenomeno), capace di giocate in solitaria strabilianti.
Nella prima fase con l’Atletico colleziona 214 presenze condite da 84 goal in 7 stagioni, numeri che gli valgono il trasferimento al Liverpool nel 2007.
Con i “Reds” esplode in maniera esponenziale il talento del Niño, l’impatto è devastante: alla prima stagione segna 33 goal in 46 partite, battendo il record di reti stagionali del Liverpool, appartenuto ad Owen, ed il record di giocatore straniero con più goal in Premier League, superando il precedente score di Ruud Van Nistelrooy. Tre stagioni da sogno, nonostante i primi problemi al ginocchio, che lo portano ad ottenere il terzo piazzamento al Pallone d’oro nel 2008, e a realizzare in totale 65 reti in 102 partite con la maglia reds, diventando anche il giocatore che ha raggiunto il 50° goal in carriera più velocemente nella storia del Liverpool.
In questa fase Torres vive la sua definitiva consacrazione con la maglia della nazionale spagnola: assoluto protagonista dell’Europeo vinto nel 2008, e della Confederations Cup del 2009, dove ottiene anche il titolo di capocannoniere della competizione. Con le furie russe vincerà tutti i trofei dell’epoca d’oro, vincendo il Mondiale del 2010 e l’Europeo del 2012.
Intanto il sodalizio con i “reds” finisce nel 2011, quando con la cifra più alta mai spesa fino ad allora in Premier, il Chelsea di Abramovic si assicura le prestazioni di Torres per 50 Milioni. Inizia qui una nuova fase della carriera di Torres, forse quella che gli costa la caduta e gli impedisce di spingersi oltre ed arrivare sul tetto dei grandi del calcio mondiale. Poche reti in Premier, tanti infortuni. Per il Chelsea diventa un acquisto flop, anche se El Niño segnerà dei goal pesantissimi, come quello contro il Barcellona nella semifinale di Champions del 2012 che poi i blues vinceranno o come il primo dei due goal nella finale di Europa League del 2013, vinta dal Chelsea contro il Benfica. Nonostante dunque le difficoltà, Torres vincerà con i “Blues”, una Coppa d’Inghilterra, una Champions League ed una Europa League.
Torres toccherà il fondo della sua fase decadente con il trasferimento nel 2014 al Milan, in prestito, un’avventura da vera e propria meteora, un solo goal contro l’Empoli in 10 presenze, che gli varranno la cessione a gennaio, cessione che però gli restituirà qualcosa di importante.
L’Atletico Madrid infatti gli regala una seconda chance, Torres torna a casa e la musica cambia. Nonostante l’età e gli acciacchi, El Niño torna a splendere,con 38 reti in 3 stagioni e mezza, arrivando anche ad alzare nuovamente l’Europa League, battendo in finale il Marsiglia, regalando il primo trofeo europeo della storia dei Colchoneros.
La carriera terminerà in Giappone, al Sagan Tosu, dove dopo 35 presenze e 5 reti, nell’estate del 2019 El Niño dirà basta con l’amato pallone, ricevendo onorificenze da tutto il mondo calcio, riconoscente a quel “bambino”, che ha fatto sognare tutti i tifosi che hanno avuto l’onore di vederlo splendere.
Inter: Coutinho, possibile ritorno in nerazzuro
Inter: Coutinho, possibile ritorno in nerazzuro.
Philippe Coutinho attualmente è in prestito al Bayern Monaco dal Barcellona, in settimana però, come riporta Tuttomercatoweb, il club bavarese ha informato la società catalana che non riscatterà il cartellino del giocatore brasiliano. Coutinho si era trasferito in Germania l’estate scorsa con la formula del prestito con diritto di riscatto, fissato a 110 milioni, e nonostante il Barcellona abbia comunicato al Bayern la volontà di applicare uno sconto di 20 milioni, i bavaresi sono convinti di non aver bisogno dell’ex attaccante di Liverpool ed Inter. A questo punto i blaugrana e Philippe Coutinho cercheranno di trovare un’altra soluzione sul mercato, probabilmente in prestito con diritto di riscatto, dato che al momento nessuno sembra intenzionato ad investire una cifra vicina ai 100 milioni per acquistare a titolo definitivo il cartellino del ragazzo. L’ attaccante brasiliano è molto apprezzato in Premier League, dove ha fatto benissimo con la maglia del Liverpool, e potrebbe essere ambito da molte società inglesi; tra gli estimatori spunta anche l’Inter, la società che lo cedette al Liverpool per appena 10 milioni; Conte è un estimatore del ragazzo ed è sempre più convinto che la rosa nerazzura necessiti di più qualità, e l’attaccante brasiliano, se dovesse ritrovare continuità, potrebbe essere l’innesto giusto. Inter: Coutinho, possibile ritorno in nerazzurro.
Nel podcast tematico sulla Serie A questa settimana abbiamo parlato dei nuovi acquisti dell’Inter: Young, Moses ed Eriksen, tutti e tre provenienti da squadre di Premier League, dunque un calciomercato simile a quello fatto dal duo Marotta-Ausilio già in estate. L’Inter di Conte ora ha tre nuove frecce nella propria faretra, ma cosa possono dare i nuovi arrivati ai nerazzurri? Corsa, dinamismo, tecnica ed esperienza sicuramente, ma basteranno per arrivare alla vittoria del tricolore?
Champions League, Real Madrid-Liverpool la finale: l’analisi del match
Trentasette anni dopo l’ultima volta, la finale della competizione europea più importante sarà Real Madrid-Liverpool. Dopo molte polemiche, spettacolo e tanti goal, i Blancos e i Reds si sfideranno nella finale di Champions League in programma sabato 26 maggio allo stadio Olimpico di Kiev, h. 20.45. La squadra di Zidane arriva alla finale dopo aver eliminato il Bayern Monaco, battendo i bavaresi in casa per 2-1 e pareggiando 2-2 al Benabeu. Per quanto riguarda la squadra di Klopp, l’ultimo ostacolo verso la finale è stata la doppia sfida contro la Roma, vinta grazie al 5-2 di Anfield, che ha reso vano il 4-2 dell’Olimpico. Andiamo a confrontare le due formazioni, l’andamento della stagione e i segreti tattici delle due finaliste dell’edizione 2017/18.
Rose a confronto
Pochissime squadre al mondo possono vantare una rosa stellare come quella del Real Madrid: Zidane ha a disposizione una dozzina di fuoriclasse puri, con qualche riserva di lusso in panchina. Nonostante gli ottimi giocatori su cui può puntare Klopp nel reparto difensivo e in quello nevraligico del campo, il confronto con i Blancos non può reggere: Carvajal-Ramos-Varane-Marcelo hanno oggettivamente più qualità ed esperienza del quartetto Alexander-Arnold-Lovren-Van Dijk-Robertson; così come Modric-Casemiro-Kroos (senza contare il jolly Isco) sono di un livello più alto del rispettabilissimo terzetto formato da Henderson-Milner-Wijnaldum. I Reds possono però vantare un portiere più in forma e in salute, non tanto per il distacco tecnico che c’è tra Karius e Navas, ma quanto per il pessimo periodo che sta attraversando il costaricano, sempre sommerso dalle critiche. Infine, l’attacco è forse il reparto dove le due formazioni se la giocano alla pari. L’ottima stagione del tridente inglese fa sperare i tifosi, fomentati dalla pazzesca crescita esponenziale che sta vivendo il gioiello Salah. Secondo quanto riportato dalla stampa europea, l’egiziano potrebbe insidiare Cristiano Ronaldo per la corsa al pallone d’Oro, ovviamente in caso di vittoria della Champions League.
Andamento della stagione
Se il terzo posto del Liverpool in Premier League può essere considerato un buon risultato per la squadra di Klopp, non si può dire altrettanto della terza posizione del Real in Liga: i 15 punti che distanziano la squadra di Zidane dal Barcellona capolista sono sintomo di una stagione particolare per i Blancos, a tratti quasi confusionaria, forse caratterizzata in negativo dai molti impegni internazionali (come il Mondiale per Club). I dati e le statistiche sono contro l’allenatore francese, che però ha saputo tenere un altissimo rendimento in Champions. Inoltre, ha già portato a casa tre trofei in questa stagione: Supercoppa Europa, Mondiale per Club e la Supercoppa spagnola. Come scritto in precedenza, il Liverpool può ritenersi soddisfatto del cammino in campionato. Difficile puntare più in alto per la squadra di Klopp, soprattutto con un Manchester City che in Premier sembra non poter aver rivali. Nelle coppe inglesi invece il rendimento non è stato dei migliori: eliminazione al 4° turno di FA Cup e al 3° turno in EFL Cup.
Analisi tattica
Stesso schema tattico per le due finaliste, con entrambi gli allenatori che spesso e volentieri adottano il 4-3-3. Il gioco però si differenza e non poco: i Blancos si affidano agli ottimi piedi di Modric e Kroos e alla loro visione di gioco, con Casemiro che fa da schermo tra il centrocampo e la difesa. Inoltre Isco può dare quella brillantezza e imprevidibilità che il Liverpool ha perso con la partenza di Coutinho (senza però risentirne particolarmente). Il centrocampo madrileno dialoga spesso con le imbucate di Ronaldo, Bale e Benzema, sempre freddi davanti al portiere e vogliosi di costruire gioco al limite dell’area. Il Liverpool è caratterizzato da un centrocampo più fisico e pesante, anche per bilanciare i pochi centimetri che offre il tridente Mané-Firmino-Salah. Sono proprio quest’ultimi ad essere il fulcro del gioco di Klopp, sempre pronti a ripartire con una velocità impressionante, a cercarsi fra di loro e a scambiarsi palloni che spesso si trasformano in palle-goal.
La Roma può passare con il Liverpool? Perché no
Questa sera la Roma affronterà il Liverpool nel ritorno della semifinale di Champions League; all’Olimpico si parte dal 5-2 di Anfield in cui i Reds hanno dato spettacolo grazie ad un Salah in forma strepitosa (due goal e due assist per l’attaccante egiziano). De Rossi e compagni, di fronte a 70 mila spettatori, dovranno compiere un’altra impresa per raggiungere il Real Madrid nella finale di Kiev; impresa che molto probabilmente non si realizzerà. Andiamo a vedere i tre motivi per cui la Roma non può passare con il Liverpool
Un altro miracolo è veramente complicato
La Roma, in questa Champions League, ha già realizzato due miracoli: passare il girone, con Atletico Madrid e Chelsea, da primi e rimontare il 4-1 con il Barcellona nel ritorno dei quarti di finale. Imprese che hanno fatto sognare il popolo giallorosso in un qualcosa che, ad agosto, era pura utopia. Ora la finale di Kiev è a soli tre goal di distanza, quelli che servono per eliminare il Liverpool e mandare in delirio, un’altra volta, una città intera. Questa volta, però, sembra diverso perché il terzo miracolo è qualcosa di veramente complicato sia per l’avversario sia per un fatto puramente statistico; questa volta, al termine dei novanta minuti, non dovrebbero esserci sorprese con gli uomini di Klopp a festeggiare la qualificazione alla finale e quelli di Di Francesco a ringraziare il proprio pubblico.
Il Liverpool non è il Barcellona
Il secondo motivo che ci spinge a pensare ad una Roma eliminata è il Liverpool; i Reds hanno dimostrato, nella gara di Anfiled, di essere una squadra completamente diversa dal Barcellona. Salah-Mané-Firmino attaccano gli spazi ad una velocità spaventosa e questo ha messo in seria difficoltà i ragazzi di Di Francesco nel match di andata. Non sono solo gli attaccanti di Klopp a spaventare i giallorossi; il club inglese ha nel centrocampo un punto di forza notevole. La fisicità di Henderson, Wijnaldum e Milner è stata una delle chiavi del successo Reds di settimana scorsa; i tre, infatti, hanno completamente annullato Strootman, De Rossi e Nainggolan dimostrando una condizione spaventosa per essere a fine stagione. Tutti parlano della difesa (vero punto debole del Liverpool) ma nessuno pone l’accento sul talento che Klopp ha a disposizione: errore che la Roma rischia di pagare nuovamente a caro prezzo.
Liverpool: 18 goal in 5 trasferte europee
Quarantaquattro goal in Champions spareggi compresi (ad uno dal record del Barcellona targato 1999-2000); venti di questi sono stati realizzati nelle sei partite lontano da Anfield per una media di 3.3 reti a partita: questo è il curriculum con cui il Liverpool si presenta all’Olimpico per la semifinale di ritorno. Numeri che indicano come i Reds abbiano nell’attacco il loro reparto migliore. E’ anche per questo che la Roma difficilmente raggiungerà la finale di Kiev: come si può fermare una macchina da guerra (sportiva ovviamente) come quella di Klopp? Serve un miracolo ma, come già detto, è difficile che accada di nuovo.
Incubo Liverpool: ecco le altre 5 batoste subite in Champions dalla Roma
Si ridimensionano le aspettative della Roma dopo l’andata delle semifinali di Champions Leauge: i giallorossi perdono 5-2 all’Anfield contro il Liverpool di Klopp, trascinato da uno stratosferico Salah, autore di una doppietta e di due assist. I Reds hanno ingabbiato e strapazzato la squadra di Di Francesco per circa un’ora, quando poi è arrivata l’ormai tarda reazione della Roma. I quarti di finale insegnagno che le partite di Champions si giocano in 180′: infatti, dopo la clamorosa rimonta ai danni del Barcellona, il tecnico giallorosso non demorde e crede che nella partita all’Olimpico ci siano delle possibilità per ribaltare il risultato dell’andata. I più appasionati ricorderanno che non è la prima volta che la Roma imbarca una goleada nelle coppe europee: andiamo a scoprire quali sono le altre ‘macchie nere’ della storia giallorossa.
17/18 – Barcellona-Roma 4-1
Per trovare la prima goleada non bisogna andare troppo indietro nel tempo. A posteriori, il sapore di questa sconfitta è più dolce che amaro, considerando la rimonta di cui De Rossi e compagni si sono resi protagonisti nel match di ritorno. Fatto sta che all’andata i blaugrana si imposero grazie ai goal di Pique e Suarez e gli autogoal di Manolas e De Rossi.
15/16 – Barcellona-Roma 6-1
Sconfitta più pesante quella di due stagione fa, quando sempre il Barcellona rifilò ben sei goal alla Roma. Durante la fase a gironi, le doppiette di Suarez e Messi e le reti di Pique e Adriano affondarono la squadra allenata da Garcia, che si arrese con il goal della bandiera firmato da Dzeko.
14/15 – Roma-Bayern Monaco 1-7
Un altro incubo venne vissuto la stagione precedente, forse il peggiore considerando che la partita si giocò all’Olimpico. Sempre con Garcia al comando, e ancora una volta nella fase a gironi, il Bayern Monaco di Guardiola si impose con 7 goal segnati da Robben (doppietta), Goetze, Lewandowski, Muller, Ribery e Shaqiri. Servì a poco il temporaneo 5-1 firmato da Gervinho.
06/07 – Manchester United-Roma 7-1
Un altro 7-1 nella storia giallorossa, questa volta rimediato contro il Manchester United di Ferguson. Nel match di andata dei quarti di finale, la squadra di Spalletti riuscì a imporsi 2-1 sui Red Devils, ma il sogno svanì presto: le reti di Carrick, Smith, Rooney, Ronaldo (doppietta), Carrick ed Evra, fecero pronunciare a Totti le seguenti parole: “La sera più triste della mia carriera.”
80/81 – Carl Zeiss Jena-Roma 4-0
Nei sedicesimi di finale della Supercoppa, la Roma arrivò a giocare il ritorno dopo un secco 3-0 rifilato ai tedeschi nel match d’andata. In Germania accadde l’irreparabile: la squadra allenata da Liedholm capitolò a causa delle reti segnate da Krause, Lindemann e la doppietta di Bielau. Alla disfatta contro il Carl Zeiss Jena partecipò anche Carlo Ancelotti, in campo con la maglia giallorossa.