Per la Fiorentina e per la sua carriera: il Cholito vuole la sua rivincita
Quando hai il nome di “Simeone” stampato sul retro di una maglietta, sai benissimo che la tua carriera non sarà mai banale. E’ un po’ il paradosso dei figli d’arte: tante aspettative possono portare ad una pressione inimmaginabile a causa di un confronto che, a volte anche senza particolari motivazioni, ti porterai dietro per tutta la vita. E’ successo lo stesso per Giovanni Simone, primogenito di un calciatore che in Italia ha fatto la storia e la fortuna di Lazio e Inter. Lo spettro del “raccomandato” aleggia sulla sua figura ad ogni prestazione non convincente, ad ogni goal sbagliato. In Italia è probabilmente anche più difficile essere tranquilli, essendo il nostro un paese che passa da un estremo all’altro senza troppe difficoltà o esitazioni. Ecco allora che, in quel 27 Novembre dello scorso anno, in quella partita contro la Juventus in cui realizzò una doppietta, la carriera del Cholito è cambiata. L’annata con il Genoa si dimostrò prolifica, tanto da scatenare un’asta di mercato fra Torino e Fiorentina per aggiudicarselo, con vittoria la rush finale per i viola. Giovane, argentino, con il nome Simeone: tutti attributi che hanno scatenato un attenzione virale per questo giocatore. Come abbiamo detto, però, la vita di un talento figlio d’arte non è mai semplice, soprattutto in una piazza esigente come quella toscana, orfana di campioni e vittorie da ormai troppo tempo. La prima annata è stata caratterizzata da alti e bassi, cosa normale per l’ambientamento di un ragazzo di 22 anni alla sua prima esperienza in una grande squadra. Dopo un anno però la pazienza è cominciata a diminuire e, alle prime partite senza realizzazioni, la maledetta frase che condanna qualsiasi figlio d’arte nel mondo calcistico ha cominciato a sorgere impetuosamente negli animi dei tifosi: “Se si fosse chiamato Mario Rossi non farebbe nemmeno panchina”. Una frase a cui è difficile controbattere, soprattutto visto il particolare momento del nostro campionato e della nostra nazionale, priva di talenti veramente importanti. Quando le aspettative sono così alte, quando il nome su quella maglietta pesa ancora di più della piazza per cui stai giocando, serve il carattere. Il “carattere” è sempre stato ne DNA della famiglia Simeone, caratteristica che sta accompagnando anche Diego sulla panchina dell’Atletico Madrid. La sfida di Giovanni è proprio questa, non vedere le sue origini come un peso o una sfortuna, ma utilizzarle come arma da utilizzare per la propria carriera. Il segno lanciato dal Cholito dopo il goal realizzato nel match contro l’Empoli è un segnale di tutto ciò: il ragazzo vuole reagire e non ha paura di quello che la gente dica di lui. Quel gesto fatto dopo il goal è proprio un segno di personalità, di auto-convinzione dei propri mezzi, è simbolo di carattere, quello che serve a lui per potersi realmente definire un “Simeone”.