Dopo 26 anni di grandi successi, Sir Alex Ferguson ha lasciato la panchina del Manchester United nel maggio del 2013. Un’icona, un simbolo, un esempio per ogni allenatore, Sir Alex ha rappresentato i Red Devils, ne ha incarnato lo spirito, è stato un manager a tutto tondo, ha creato un impero partendo dal basso e ha fatto di una squadra operaia una corazzata capace di dominare in Inghilterra e in Europa. Alex Ferguson è stato un allenatore capace di alzare 49 trofei sulle panchine del St. Mirren, Aberdeen e soprattutto Manchester United vincendo campionati, Champions League e Coppe. E’ stato onorificato come Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico e insignito del prestigioso titolo di Miglior Allenatore del Mondo del XXI secolo.
“La mia vita”
L’autobiografia di Sir Alex Ferguson, scritta insieme a Paul Hayward, caporedattore sportivo del Daily Telegraph e pubblicata in Inghilterra nell’ottobre del 2013 (tradotta in italiano nel gennaio 2014 per Bompiani Edizioni e in edizione riveduta e aggiornata nell’aprile 2015), è un gioiellino da leggere e custodire per gli appassionati di calcio.
Enrico Sisti de La Repubblica ne tesse le lodi parlando di “un articolato e struggente romanzo del Novecento britannico, scozzese e al tempo stesso universale come il volto di Sean Connery”.
Il mio giudizio non si discosta assolutamente perché si tratta di un libro molto ben scritto, appassionante, godibile, dove Sir Alex ci racconta con dovizie di particolari il signore che è stato sia dentro che fuori dal campo. E’ un libro diviso in 27 capitoli nei quali l’allenatore scozzese affronta tutti i temi che hanno caratterizzato la sua grande carriera al Manchester United, impreziosendo la scrittura con aneddoti interessanti. Non ha risparmiato critiche o giudizi pungenti riguardanti i suoi colleghi, su tutti Rafa Benitez ai tempi in cui lo spagnolo allenava il Liverpool: “L’errore che fece fu quello di diventare il mio antagonista personale. Una volta che lo metti sul piano personale, non hai alcuna possibilità, perché io so aspettare. Io ho avuto successo, lui aspirava a vincere trofei che invece andavano in mano mia. Fu molto imprudente”. Qualche critica è stata mossa anche al grande rivale Arsene Wenger, l’allenatore dell’Arsenal con il quale ci fu una famosa litigata dopo la vittoria dello United che interruppe l’imbattibilità dei Gunners che durava da 49 partite. Scaramucce di campo subito rientrate perché sempre c’è stata tra i due grande stima e reciproco rispetto, così come con Roberto Mancini.
Solo elogi, invece, per l’ex dei Red Devils, Josè Mourinho, al quale Ferguson ha dedicato un intero capitolo dove troviamo molte frasi di ammirazione nei confronti dello Special One. Lo scozzese e il portoghese, due personaggi entrambi accomunati da grandi doti comunicative oltre ad una sottile abilità nel saper motivare le proprie squadre lavorando sia sul campo che, soprattutto, a livello psicologico.
Tra i capitoli più interessanti c’è senza dubbio quello legato ai ragazzi del ’92, lo splendido gruppo di giovanotti dalle qualità eccezionali tali da riuscire a imprimere il loro nome nella storia del calcio. Calciatori come Paul Scholes, Ryan Giggs, David Bechkam, Gary Neville, Nicky Butt erano i ragazzi del vivaio, entrati nello settore giovanile dello United all’età di 13 anni e “cresciuti” da Sir Alex che li ha portati in prima squadra già a 18 anni. L’allenatore scozzese ha creato una squadra proprio intorno a questo gruppo, aprendo un ciclo vincente per il glorioso club di Manchester. Una menzione particolare per due giocatori che sono rimasti con Sir Alex fino all’ultimo: Giggs, l’esterno gallese dalle qualità sopraffine e Scholes, l’inglese che voleva fare l’attaccante ma, per sua fortuna, è stato arretrato dietro le punte da Ferguson divenendo uno tra i più forti calciatori in quella zona di campo degli ultimi 20 anni.
Non poteva mancare un capitolo dedicato ad un giocatore portoghese che ha vestito la leggendaria numero 7 dei Red Devils, dove l’introduzione già dice tutto: “Cristiano Ronaldo è stato il maggior talento che io abbia mai allenato”. Si apprezzano anche descrizioni di momenti privati come le cocenti delusioni per il campionato vinto al fotofinish dal Manchester City, e per le sconfitte in finale di Champions League contro il Barcellona di Pep Guardiola (la squadra migliore che il suo Manchester abbia mai affrontato) e la cosiddetta “solitudine dell’allenatore” dove “tu hai bisogno di contatto umano, ma gli altri pensano che tu sia troppo occupato”.
Idee chiare e concentrazione, ecco il segreto di un grande maestro che così si esprime sulla possibilità di cominciare tutto da capo: ”Obbligherei tutti i giocatori a imparare a giocare a scacchi, per sviluppare l’abilità di concentrarsi. Quando impari a giocare a scacchi puoi metterci tre o quattro ore a finire una partita, ma una volta che sei diventato esperto e inizi a giocare impiegando 30 secondi per mossa, quello è il traguardo. Decidere velocemente quando sei sotto pressione. Ecco che cos’è il calcio”.