Coronavirus, il goal umanitario dei calciatori

Coronavirus e calciatori, come stanno reagendo i nostri idoli milionari?

Strapagati, viziati, poco acculturati, non conoscenti della vita dura e reale, bambinoni, spendaccioni, ultraricchi e quant’altro, tutti aggettivi tranquillamente riferibili ai calciatori, questa categoria tanto offesa quanto amata, un unicum forse nel mondo dello show-business. Ma mai come in questa situazione certe differenze si assottigliano, quasi si annullano: siamo tutti sulla stessa barca, stesse reazioni, stesse paure, stessi comportamenti. La differenza non assottigliabile purtroppo è quella economica.

La quarantena da Coronavirus lascerà un segno sull’economia italiana e sui lavoratori, in particolare coloro che non percepiranno stipendio, stipendio probabilmente già magro di per se; partiamo da questo assunto per chiarire che siamo tutti a conoscenza che un calciatore è fortunato. Fortunato economicamente ma è un uomo come tutti noi.

Abbiamo parlato di reazioni e ci chiediamo, come hanno reagito i calciatori a tutto questo? Sicuramente nell’ambiente i calciatori sono stati i migliori. A dispetto di presidenti, direttori e anche funzionari di Leghe e federazioni, i calciatori sono stati encomiabili. Hanno voluto fermarsi quando ci si doveva fermare, hanno lavorato finché gli è stato imposto. Hanno provato a far divertire gli italiani in quelle poche partite giocate, cercando di far risollevare l’umore degli italiani, quando il proprio probabilmente non era dei migliori. I calciatori risultati positivi si sono affrettati a dare la loro testimonianza diretta per tranquillizzare tutti, nonostante credo che dentro di loro un paio di accidenti a chi li ha costretti a giocare lo abbiano detto.

E poi ci sono le iniziative: perché prendere un’iniziativa è qualcosa di istintivo e d’istinto tantissimi calciatori hanno donato parte dei propri stipendi alla ricerca ed agli ospedali che sono in prima linea: Totti, Insigne, Florenzi, Ilicic, Cafù, Donnarumma, Immobile, Romagnoli, Bonucci, Bernardeschi, Ibrahimovic, Milik, Callejon, Zielinski e tantissimi altri, quasi verrebbe da nominarli tutti, hanno intrapreso iniziative di donazione per l’emergenza Coronavirus.

Da encomio anche il comportamento dell’AIC, capitanata da uno che da giocatore veniva chiamato “Anima candida” non a caso, Damiano Tommasi, che ha sfidato le forze di potere per far interrompere il bruttissimo teatrino che si era creato attorno alla situazione, che oltre a ledere l’immagine del nostro calcio, era un pericolo per la salute di giocatori e staff.

Oltre questo ci sono i tanti messaggi di incoraggiamento e le simpatiche “challenge” social da parte dei giocatori, che inutile nascondersi, ci intrattengono in questo momento di quarantena che non è facile per nessuno.

Tutto questo per dire che i nostri calciatori sono ancora la parte buona di questo sport, ed osannarli o criticarli non è la vera chiave morale, la chiave morale sta nelle decisioni di fronte alle situazioni avverse e fatti alla mano vediamo solo goal da parte loro e pochissimi errori e paragoni con medici ed infermieri, sicuramente eroi veri, è poco gratificante per gli uni e per gli altri. I calciatori devono fare i calciatori, i medici devono fare i medici ed entrambi lo stanno facendo bene.